Utilizzavano un linguaggio criptico e parlavano di "appartamento", "asparagi" o "motosega", per riferirsi al materiale archeologico con cui alimentavano, attraverso un sistema radicato nel crotonese, un circuito internazionale di vendita clandestina di reperti risalenti dal IV al III secolo avanti Cristo di cui facevano razzia in importanti siti come "Apollo Aleo" a Cirò Marina o "Castiglione" a Paludi o altri.
È stata definita "Criminalità archeologica calabrese" l'organizzazione smantellata al termine dell’operazione "Achei" dai carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, che hanno arrestato 23 persone in tutta l'Italia. Eseguite 80 perquisizioni, alcune delle quali, con il coordinamento di Europol ed Eurojust, anche in Gran Bretagna, Francia, Germania e Serbia. Due sono finiti in carcere, per gli altri 21 sono stati disposti i domiciliari nelle province di Crotone (13), Milano (2), Perugia (2), Catanzaro (1), Benevento (1), Matera (1) e Fermo (1). L'accusa, per tutti, è associazione a delinquere finalizzata al danneggiamento del patrimonio archeologico dello Stato, impossessamento illecito di beni culturali, ricettazione ed esportazione illecita.
L'organizzazione sarebbe stata in grado di gestire tutte le fasi del traffico illecito di reperti. In particolare, attraverso un gruppo di tombaroli in loco, riusciva ad approvvigionarsi di materiale destinato al mercato clandestino e, per la successiva commercializzazione in Italia e all'estero, poteva contare su una fitta e complessa rete di ricettatori. Le indagini hanno consentito di documentare tutti i passaggi con intercettazioni, riprese video (anche tramite l'utilizzo di un drone che ha ripreso i tombaroli all'opera), pedinamenti e sequestri fino alla vendita finale a collezionisti.
L'agire del gruppo criminale è apparso organizzato secondo vere e proprie modalità imprenditoriali tipiche delle associazioni ben strutturate. I vertici dell'organizzazione hanno diretto e controllato l'attività dei sodali, pianificato le singole spedizioni ed individuato i luoghi di interesse, grazie alle specifiche competenze in materia. Inoltre, sono state predisposte modalità operative tali da scongiurare, o quanto meno contenere, il rischio di controlli da parte delle forze dell'ordine, anche attraverso l'utilizzo di canali di comunicazione di difficile intercettazione. Al vertice del gruppo criminale si collocano, senza ombra di dubbio, nella veste di promotori, due soggetti entrambi residenti in provincia di Crotone, cultori di archeologia e conoscitori dei luoghi in cui reperire materiale archeologico da introdurre illecitamente sul mercato. Costoro sono stati costantemente impegnati nell'attività di ricerca clandestina di reperti e, stabilmente tra loro, collegati nel circuito di commercializzazione degli stessi. Nello specifico, hanno organizzato e diretto il gruppo criminale, programmando la realizzazione dei singoli delitti e contribuendo materialmente alla loro realizzazione. Le acquisizioni investigative hanno altresì certificato collegamenti con alcuni soggetti esteri legati al traffico di reperti archeologici.
Il gruppo criminale non si è fatto scrupolo di utilizzare, per gli scavi clandestini, anche un escavatore e, nella circostanza, solo l'intervento dei carabinieri ha impedito che venisse attuato uno scempio. A casa di uno dei capi della rete sono stati recuperati diversi reperti che erano nella sua disponibilità, tra cui cinque vasi e lucerne in terracotta, piatti con scene di animali, fibule e monili vari. Sono stati sequestrati anche mezzi meccanici e attrezzature tecniche. Tutto materiale il cui valore ammonta a diversi milioni di euro.
Il ministro per i Beni e le Attività culturali e il Turismo Dario Franceschini ha sottolineato l'importanza della cooperazione con altre forze di polizia europee, parlando di "un'operazione che dimostra ancora una volta l'eccellenza del Comando dei carabinieri che opera dal 1969 a difesa del patrimonio culturale italiano".
"Crotone deve rendersi conto che è al centro di interessi internazionali e custodisce un tesoro, spesso i crotonesi se lo dimenticano, che accende gli appetiti illegali di mezzo mondo: per questo servono segnalazioni da parte di tutti che denuncino chi impoverisce questo territorio". Lo ha detto il Procuratore della Repubblica Giuseppe Capoccia nel corso della conferenza stampa per illustrare gli esiti dell'operazione "Achei".
Il Procuratore ha poi sottolineato "l'efficacissima collaborazione in ambito europeo, per questa attività che apre scenari mai abbastanza indagati, di Europol ed Eurojust che hanno permesso perquisizioni in quattro stati Europei".
"Qui la ricchezza - ha sottolineato il tenente colonnello Valerio Marra, comandante Gruppo carabinieri Tpc di Roma - sta sotto il terreno. Ricchezza che qualcuno ha cercato di violentare e di cancellare per sempre per farne un mercato illecito. Partiamo da questa premessa per capire la dinamica criminale di un'organizzazione strutturata e organizzata".
Alla conferenza ha partecipato, in collegamento dalla sede di Eurojust de L'Aia, il magistrato Teresa Magno, mentre a Crotone era presente Miguele Villanueva, di Europol. "Questa di Crotone - ha detto Villanueva - è la più grande operazione di supporto investigativo in corso in Europa in materia di contrasto al traffico di beni culturali. Attività importante per la qualità dell'indagine, oltre che per il numero di persone arrestate".