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  •  03/02/2020

Ebe Giacometti, storica dell’Arte, esperta in valorizzazione territoriale beni culturali, ambientali e paesaggistici. Già Presidente del CR Lazio di Italia Nostra, delegata nazionale per i parchi, rapporti Parlamento per modifiche legge quadro 394/91. Membro comunità dell’Ente Parco regionale Appia Antica (2018). Già presidente della società cooperativa Archeologia, Consulente storica dell’arte e progettista per vari enti di ricerca, istituzioni, fondazioni e pubblica amministrazione, tra cui Fondazione MAXXI, Filas – finanziaria Regione Lazio, Università Upter, Regione Lazio, Abbazia di Montecassino, Soprintendenza di Roma, ecc. Vasta esperienza nel settore della divulgazione culturale ed educazione ambientale, numerose pubblicazioni anche per elaborazione di prodotti multimediali per promuovere e valorizzare il patrimonio archeologico, artistico e monumentale italiano.

1) Come Presidente di Italia Nostra vorremmo chiederle la Sua opinione sulla previsione di una Direzione del MiBACT che si occupi di Rischio, nelle sue più articolate accezioni.

Tutti ricordiamo il crollo della Schola Armatorum a Pompei nel novembre del 2010 e della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami al Foro di Roma del 2018. La natura stessa del nostro patrimonio e la sua diffusione uniforme lungo tutta la penisola sono una grossa sfida alla conservazione dei nostri Beni Culturali che necessita di mezzi tecnici, oltre che finanziari, appropriati. 

L’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro ha creato negli anni ‘90 la “Carta del Rischio del Patrimonio Culturale”, ritagliata sull’idea di restauro preventivo di Cesare Brandi, che prevede un sistema di valutazione della pericolosità e della vulnerabilità basato su una scala di valori statisticamente elaborabili. 

La creazione di una Direzione Generale per la Sicurezza del Patrimonio, che di fatto mette in primo piano nell’agenda del Ministero il tema della definizione di un metodo d’intervento nei casi emergenziali ormai purtroppo frequenti, ci sembra molto importante anche se non ci è chiaro quanto realmente affronti la vera criticità italiana, ovvero la prevenzione. 

Il monitoraggio dello stato di conservazione, la classificazione del rischio e la creazione di banche dati che raccolgano le informazioni sono infatti elementi essenziali per pianificare in modo razionale gli interventi e allocare le risorse umane e finanziarie in modo efficace, per uscire una volta per tutte da logiche emergenziali. Conseguentemente ben venga la notizia che siano state destinate risorse umane e finanziarie per gestire le funzioni di monitoraggio e programmazione.

D’altronde è obbligo segnalare alcune nostre perplessità su questa nuova Direzione segnatamente riferite a come si intenderà inquadrarne le attività ad essa connesse: la sua istituzione appare infatti più preposta alla gestione delle emergenze che all’anticipazione del rischio danneggiamento in ottica preventiva. Il rischio è che si tenda ad istituzionalizzare la cattiva abitudine del “dopo”. 

A ciò si aggiunge anche l’allarme causato dalla recente notizia del bando del Segretariato regionale del Ministero dei beni culturali dell’Emilia-Romagna che, per il recupero della chiesa di San Francesco a Mirandola (danneggiata nel 2012 dal terremoto), ha proposto un concorso di idee internazionale che, si legge, “crei accostamento armonioso di inserti contemporanei a quanto resta del materiale originario”. E ciò con quale fine? Intervenire sui monumenti colpiti dai sismi per trasformarli in manufatti d’arte contemporanea? Se questi sono gli obiettivi, la posizione della nostra Associazione è assolutamente contraria. L’Associazione continua a difendere il concetto di restauro “com’era e dov’era” perché è l’unico che garantisce un futuro al carattere identitario dei nostri borghi e centri storici. Un carattere sviluppatosi nei secoli e rispettoso di quell’integrità urbanistico-paesaggistica italiana unica nel suo genere in Europa. Non è un caso che Italia Nostra Modena abbia ribadito la necessità di difendere i principi dell’art 29 del Codice dei Beni Culturali per i quali il recupero del bene nella sua integrità materiale è principio e fine del restauro. Speriamo pertanto che i decreti attuativi sciolgano questi nodi.

2) Italia Nostra ha predisposto la redazione di una “Lista Rossa”. Di che si tratta?

A seguito del crollo a Pompei prima citato, l’associazione si interrogò su quali azioni proporre affinché tali disastri non accadessero più e la presidente dell’epoca, Alessandra Mottola Molfino, di concerto con il Consiglio Direttivo Nazionale, decise di lanciare una campagna di segnalazione di siti “a rischio” attuata dai cittadini e volta a allertare di tali criticità le autorità competenti. Nacque così l’idea della Lista Rossa dei Beni Culturali in Pericolo, che doveva concentrarsi sui beni cosiddetti minori o delle aree interne che spesso non ricevono le attenzioni dovute. Il meccanismo era semplice: i cittadini e i soci potevano segnalare un bene riempiendo una scheda, abbastanza dettagliata, con dati sull’esatta localizzazione, la proprietà, l’importanza del bene, la sua storia e lo stato di conservazione e poi inviarla alla nostra sede nazionale per la validazione da parte degli esperti. Le schede venivano quindi archiviate per regione e per tipologia di bene, secondo una classificazione in uso da parte delle soprintendenze.

Dopo la prima campagna del 2010-11 che raccolse ben 162 segnalazioni, si decise di lanciare una seconda campagna nel 2016, questa volta completamente digitalizzata, affiancando alle schede la possibilità di avvalersi di una App, scaricabile su Android dal titolo Lista Rossa, capace di geolocalizzare il bene, archiviare foto e descrizione del bene e inviare la segnalazione all’ufficio di competenza. La seconda campagna, ancora in corso, ha raccolto tantissime segnalazioni, una parte delle quali ancora in via di valutazione e verifica. Adesso il database a disposizione di Italia Nostra costituisce un archivio importante di oltre 420 siti che l’associazione vuole continuare a ingrandire e mettere a disposizione della PA come strumento di monitoraggio e conoscenza dello stato di conservazione dei beni culturali (per saperne di più https://www.italianostra.org/le-nostre-campagne/la-lista-rossa-dei-beni-culturali-in-pericolo/). Infatti, l’azione di Italia Nostra si pone in un rapporto di sussidiarietà con la Pubblica Amministrazione, come sancito dall’articolo 118 della Costituzione. Il valore aggiunto della Lista Rossa sta proprio nel fatto che il cittadino viene chiamato a farsi parte attiva in un’azione civica di tutela e conservazione del bene culturale, riconoscendolo come parte della propria identità comune nello spirito della nostra Carta. 

Alcuni beni segnalati sono stati poi recuperati o riaperti al pubblico, come la Reale Tenuta di Carditello a Caserta, Palazzo Beneventano a Lentini, il Teatro romano a Teano. Altri hanno ricevuto finanziamenti per il loro recupero come il Borgo di Salci a Città della Pieve e il Castello Svevo di Augusta che ha ricevuto proprio recentemente 5 milioni dalla Regione Sicilia.

3) Sulla nota vicenda delle Grandi Navi a Venezia, Italia Nostra come intende affrontare un tema ormai datato e irrisolto?

Abbiamo appreso con sollievo che il Ministro Dario Franceschini in una recente riunione con il Ministro Sergio Costa ha bocciato il progetto di ampliare il canale Vittorio Emanuele, come proposto dal Sindaco Brugnaro (che vorrebbe appunto portare attraverso questo canale le navi da Marghera alla Marittima). Italia Nostra ribadisce che per risolvere i problemi causati dalle navi non basta allontanarle da San Marco: le navi oltre un certo tonnellaggio non devono proprio entrare in Laguna a Venezia. Tutto il mondo ci guarda esterrefatto mentre continuiamo a bisticciare su dove far approdare queste enormi navi, invece di cercare di riportare con misure di manutenzione ordinaria un minimo di riequilibrio all’interno della Laguna e così mitigare il fenomeno dell’acqua alta. La nostra sezione di Venezia monitora costantemente la situazione e si interfaccia con le varie associazioni che si battono per la salvaguardia di Venezia per continuare a contrastare una deriva che vuole piegare la tutela a vantaggio di un’intollerabile mercificazione turistica della città.

La criticità ‘Grandi Navi’ rappresenta del resto un caso che oggi coinvolge molte località delle coste italiane. L’Associazione ha fatto propria questa emergenza. Dalla Liguria alla Toscana dove questi giganteschi natanti vanno ad impattare su ecosistemi marini delicatissimi: ricordiamo il naufragio all’isola del Giglio come pure la recente protesta a Portoferraio, dove si proponeva lo sbancamento dell’esistente porto turistico per fare posto al più impattante molo destinato ad accogliere esclusivamente le navi da crociera di grandi dimensioni. Tutto questo ai margini del famoso santuario dei cetacei. Nelle Marche, ad Ancona, l’Associazione ha rigettato anche il progetto proposto dall’Autorità di Sistema Portuale che intendeva realizzare un nuovo terminal con il banchinamento del fronte esterno del molo Clementino, per far attraccare le navi, lunghe fino a 350 metri. Parlo di progetti infrastrutturali per accogliere una realtà, quella della Grandi Navi, che causa pesante inquinamento, degrado delle storiche strutture portuali e stravolgimento dell’assetto urbanistico. 

4) Italia Nostra ha avuto modo di proporre una buona pratica sulla cosiddetta forestazione urbana. Di che si tratta?

In occasione della Giornata Internazionale delle Foreste che si celebra il 21 marzo, Italia Nostra ha lanciato un appello affinché si affronti il rinnovamento dei viali alberati che formano tanta parte del decoro urbano delle nostre città con criteri il più possibile graduali e conservativi, piantumando le stesse varietà abbattute e garantendo manutenzione e cura agli esemplari storici, senza procedere con tagli indiscriminati. 

Oltre a battersi per la manutenzione del patrimonio arboreo dei parchi urbani e dei viali cittadini, Italia Nostra gestisce vari esempi di forestazione urbana, primo tra tutti il “Boscoincittà” a Milano (vedi http://www.boscoincitta.it/). Si tratta di un parco pubblico del Comune di Milano con boschi, prati, corsi d’acqua, zone umide e circa duecento orti assegnati a cittadini che li coltivano con grande cura. Ci sono anche un laghetto, un giardino d’acqua, un apiario e un frutteto. Il Bosco si trova nei pressi dello Stadio di San Siro, all’interno del vasto perimetro del Parco agricolo sud Milano, in un ambiente naturale di 120 ettari che è in realtà il risultato di un’attenta progettazione.

Il Bosco è stato realizzato a partire dal 1974, su terreni pubblici concessi dal Comune di Milano, per iniziativa di Italia Nostra e grazie alla collaborazione di migliaia di volontari. Famiglie, studenti, scout, singoli cittadini si sono impegnati nella cura di alberi trasformando una realtà degradata in una vera e propria area verde: se il parco c’è lo si deve principalmente a loro. Oggi il “Boscoincittà” è molto amato e frequentato, quotidianamente viene coltivato e curato dagli operatori del “Centro per la forestazione urbana” di Italia Nostra e da chiunque abbia voglia di dare una mano. Un modello di lavoro sociale che, partito dal basso, oggi festeggia una felice storia di 46 anni. E che forse può trovare la giusta attenzione nazionale grazie alle misure d’incentivo introdotte nella Finanziaria 2020. 

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