Una volta era il basolo romano, quello che si vede sulla Via Appia, la ”regina viarum”, costruita nel 312 a. C. dal censore Appio Claudio Cieco. Venne lastricata dapprima fino al Tempio di Marte posto al primo miglio da Roma, tre anni dopo fino a Boville, impiegando la durissima lava estratta dal vulcano laziale, detta comunemente basalto. Materiali e tecnica di costruzione garantivano la massima solidità. Insieme agli acquedotti e alle fognature le strade romane che rimarranno in uso fino a tempi relativamente recenti saranno l’elemento qualificante della civiltà romana, presupposto e fondamento di un odine civile esteso a tutto il Mediterraneo.
Caduto l’impero romano, le strade vennero abbandonate e come scrive Goethe “scorticate” dei basoli per farne materiale da costruzione. Nel Medioevo le strade erano strette e tortuose, solo col Rinascimento riacquistano importanza. E a Roma per la pavimentazione sarà ancora il basalto il preferito per la sua durezza. E sarà Sisto V, “er papa tosto” di Belli, nel 1587 a far selciare le prime strade a Roma. Qualche anno prima Leon Battista Alberti, nel “De Re Aedificatoria”, se ne era occupato mettendo in relazione la strada selciata con i cavalli. Da allora sarà questa la pavimentazione di Roma. E’ del 1667 il selciato di piazza San Pietro, da cui il nome che si riferisce però al particolare taglio dei selci impiegati in quell’occasione. Un’importante innovazione si deve a Cornelio Meyer, un ingegnere olandese che a Roma al tempo di Clemente X Odescalchi (1670 – 1676), consigliò di mettere i selci a secco su un letto di sabbia e non a fresco, come avveniva, con calce e pozzolana. Col mazzapicchio si doveva poi procedere all’acciaccatura dei selci. Fu allora che presero la caratteristica forma a tronco di piramide con la faccia superiore levigata. I selci infatti non sono tutti uguali, ma di varia forma e dimensione. Ci sono quadrucci, mostaccioli, legarelle, lastrucce, bastardoni…e sampietrini. Nomi diversi per “apparecchiature” differenti, a spina, con guide laterali, a ventaglio, ad archi contrastanti e disegni come a Piazza San Pietro. Ma camminando tutti impegnati a evitare le buche, quanti se ne accorgono?
Il selciato continuò ad essere il preferito anche nel Settecento e nell’ Ottocento e ad avere amatori anche nel Novecento. E’ del 1825 la riselciatura di piazza San Pietro, di poco successiva quella di piazza del Popolo, di via del Corso, via del Babuino e via Ripetta realizzate con profilo a schiena d’asino (prima erano a culla e l’acqua ristagnava al centro). Con la crescita esponenziale del traffico privato, la difficoltà del reperimento del materiale nelle cave d’origine e il venir meno della manodopera specializzata (si ricorse addirittura a selci cinesi), i cubetti di porfido hanno ceduto il posto all’asfalto.
I sampietrini, segno distintivo della città di Roma, croce e delizia dei tacchi a spillo, minaccia alla stabilità degli amanti delle due ruote, attentato alla durata degli autobus che circolano in città, sono destinati a scomparire? La sorte sembra segnata. Ma forse ancora più che una totale scomparsa si profila un diverso utilizzo a secondo delle zone. Vanno bene per le aree centrali, pedonali o riservate al turismo, meno bene per le vie di transito, a scorrimento più o meno veloce. Il problema non è nuovo, ma si è aggravato con l’aumento del traffico privato incentivato dall’insufficienza dei servizi pubblici incapaci di rispondere alle necessità della vita di ogni giorno. Il tema è di quelli che, in tempi normali, ha suscitato molte polemiche e favorito il formarsi di opinioni contrapposte. Da una parte i cosiddetti tradizionalisti in servizio permanente effettivo convinti che tutto deve rimanere com’è, dall’altro i progressisti dichiarati, aperti sempre al nuovo e propensi a rinunciare a qualche riferimento storico in omaggio alla sicurezza e alla comodità. Vuoi mettere come si viaggia su una strada asfaltata o su una ricoperta di selci sconnessi ? Ma oggi in tempo di pandemia il problema scivola via, non esiste, o lascia del tutto indifferenti.
La questione è stata affrontata in passato, con alterna fortuna, da molti sindaci, Veltroni, Alemanno, Marino, e ripresa con vigore dall’attuale prima cittadina di Roma Virginia Raggi che a giugno dell’anno scorso ha presentato il Piano Sampietrini coinvolgendo insieme all’amministrazione di Roma Capitale la Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma, la Soprintendenza Capitolina in collaborazione con le istituzioni più importanti di settore. Punto di partenza la valutazione d’insieme del tessuto viario del centro storico, a cominciare dal I° Municipio. E’ stata fatta un’accurata analisi dello sviluppo storico – urbanistico e della mobilità dell’ area presa in esame e un rilievo dettagliato della situazione attuale. Il piano potrà essere esteso anche agli altri municipi della capitale con identici sistemi di valutazione, analisi e proposte di interventi che prevedono oltre l’asportazione del vecchio selciato anche la “ricucitura del tessuto viario” là dove la pavimentazione risulta frammentata. In parole povere i sampietrini tolti da una strada possono essere utilizzati oltre che per pavimentarne un’altra anche per sistemarne qualcuna in cattivo stato.
Il piano sampietrini intende valorizzare il centro storico, in considerazione del prevalente uso pedonale, ripristinando là dove era stata tolta la pavimentazione in selciato, esempio Via del Corso, via Condotti. Ma non solo anche il percorso da piazza San Giovanni al Colosseo, o una serie di strade storicamente importanti come via dei Santi Quattro, via Santo Stefano Rotondo, via di San Paolo della Croce, o il percorso di collegamento fra le basiliche sull’Aventino, via Santa Sabina fino a piazza Cavalieri di Malta. Per le aree otto-novecentesche, per le grandi strade che sopportano un maggior flusso di traffico, si procederà a eliminare i sampietrini. E’ il caso di Via Nazionale per la quale è stata prevista una pista ciclabile da piazza della Repubblica a largo Magnanapoli. Al momento della presentazione del progetto è stata fornita una mappa con l’indicazione delle principali zone, strada per strada, in cui sarebbero spariti i sampietrini: via Nazionale, via IV Novembre, viale Aventino, via Marsala, via Giolitti, via Montebello, via Castelfidardo, largo del Nazareno, via di Torre Argentina, traforo Umberto I, via Marmorata (da largo Manlio Gelsomini a Porta San Paolo), viale della Piramide Cestia, via Amerigo Vespucci…
L’ambizioso piano sampietrini (tolti da 68 strade e rimessi in 113 fra nuove installazioni e ristrutturazioni), approvato dall’attuale amministrazione capitolina a settembre 2019, richiederà molto tempo e molto denaro. Finanziato in parte dai fondi del Giubileo della Misericordia del 2015 e in parte dal Comune di Roma Capitale, ha preso il via alla fine di marzo con il primo intervento su piazza Venezia, piazza di San Marco e piazza dell’Ara Coeli pavimentate a sampietrini. Il progetto prevede la rimozione dei selci, il “restauro” e il riposizionamento sulla stessa sede stradale. Inoltre, tenuto conto dell’usura dovuta all’intenso traffico della piazza, la carreggiata sarà rinforzata con una particolare “armatura” sottostante, in modo da prolungarne la durata. Un lavoro complesso, costoso, 5,6 milioni di euro e lungo, 210 giorni lavorativi in un’area nevralgica, importantissima, per la mobilità dell’urbe dove già insiste il cantiere della Metro C.
Nell’altro cantiere a via IV Novembre, aperto durante questo periodo di rarefazione del traffico urbano, si opera al contrario, si tolgono del tutto i sampietrini. Così come a via Cesare Battisti che verrà asfaltata fino a piazza Santi Apostoli (che sarà tutta a sampietrini, come largo Magnanapoli). La vecchia pavimentazione viene sostituita dall’asfalto, lasciando sui bordi laterali della carreggiata solo quattro file di sampietrini per lato come una decorazione, una memoria della storia. Anche qui verrà posizionata sotto la sede stradale una speciale armatura che le dia solidità e eviti danni alle strutture sottostanti. I lavori iniziati una quindicina di giorni fa dureranno sessanta giorni, valore dell’appalto 2 milioni e 600 mila euro. Entrambi i cantieri dovrebbero terminare entro il 2020 ed entro l’anno dovrebbe cominciare anche lo smantellamento di Via Nazionale.
Ma dove andranno a finire i sampietrini tolti? Si parla di riutilizzarli per tutte quelle strade da percorrere a piedi del centro storico, il salotto buono della città, le strade del lusso, dell’arte e della moda in vista della pedonalizzazione totale, togliendo anche i marciapiedi che non avrebbero più ragion d’essere. Un progetto per il futuro. Nel frattempo andranno a finire nei siti di stoccaggio del Comune in attesa di ricollocazione.