Foto: Palazzo Barberini Sale Ala Nord, foto Alberto Novelli
Sono dedicate al Seicento, a Caravaggio, ai caravaggeschi e non solo, cuore della Galleria, le dieci sale dell’ala Nord del Piano nobile di Palazzo Barberini, 550 metri quadrati, aperte dopo un completo restauro con un nuovo percorso espositivo organizzato secondo un ordine cronologico e geografico per valorizzare il palazzo in accordo con le collezioni. Il nuovo allestimento è frutto di un lavoro corale, ma in particolare si deve a Michele Di Monte, Maurizia Cicconi e all’architetto Enrico Quell. Si è partiti dal colore delle pareti che ora sono sulle variazioni del grigio, del panna, dell’azzurro. Le sale dedicate a Caravaggio hanno un colore diverso.
Novità non solo formali per il prototipo del palazzo barocco voluto da papa Urbano VIII che porta la firma di Carlo Maderno, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini, pensato come un grande museo nazionale. In cui si può entrare dallo scalone di Bernini e uscire dallo scalone di Borromini. E godere di nuove prospettive, dell’infilata di stanze nord – sud in un percorso circolare che dalla Sala Ovale giunge al Salone di Pietro da Cortona. Una teatralità degli spazi propria di un edificio barocco.
E’ il secondo appuntamento, dopo il riallestimento dell’ala Sud a inizio d’anno che ha interessato la collezione settecentesca di dieci sale restituite al Museo dal Ministero della Difesa dopo una lunghissima occupazione. Il progetto proseguirà a ottobre 2020 con il riallestimento delle sale dedicate al cinquecento per concludersi l’anno successivo con quello del piano terra. E a marzo si aprirà la prima mostra monografica mai dedicata a Orazio Borgianni, un caravaggesco della prima generazione.
Sempre puntando sulle collezioni permanenti e l’ampliamento degli spazi con un Museo tornato padrone di tutto l’edificio, come aveva annunciato Flaminia Gennari Santori subito dopo aver assunto la responsabilità della guida di Palazzo Barberini e Palazzo Corsini nel 2016. La direttrice spiega di aver pensato di raccontare le opere in un percorso cronologico-tematico con spazi monografici, isolando le opere straordinarie, creando angoli particolari e separando in due gli ambienti più ampi. Ed enfatizzando il rapporto parallelo fra collezione ed edificio, tenendo sempre conto della storia dei Barberini e del Palazzo. Come tutte le grandi famiglie romane i Barberini sono dei collezionisti da quando Maffeo assurge al soglio pontificio e committenti onnivori. Collezionano non solo Caravaggio e i caravaggeschi ma anche Guercino, Reni, Domenichino, la pittura emiliana. “Qui siamo – precisa – nell’ala più antica del Palazzo, nella villa degli Sforza acquistata dai Barberini. Nell’Ala Nord con vista sulla città costruita viveva la famiglia del principe, in quella Sud con affaccio sul giardino il cardinale. S’incontravano nei grandi saloni monumentali con funzione pubblica. Le finestre ora sono aperte con vista sulla piazza della famiglia, mentre una serie di pellicole particolari protegge i dipinti dai raggi solari. Completamente rifatto il sistema di illuminazione che interessa quadri e volte, così come l’ancoraggio dei quadri. Particolare attenzione meritano le didascalie ragionate, una per una, sistemate su una barra magnetica e i pannelli esplicativi. “A noi – prosegue la direttrice - interessava trovare un modo significativo e pertinente di mostrare le opere della collezione Barberini e delle acquisizioni successive. Un Museo non fisso, ma spazio mobile”.
Sono esposte su un solo registro ottanta opere che vanno dal tardo cinquecento al seicento in un percorso armonico ad anello in cui palazzo e dipinti sono ugualmente protagonisti. Inglobati nel percorso per la prima volta una ex cappella trasformata in sala nell’Ottocento e una sala affrescata. Si può cominciare con la sala 19, la fine del XVI secolo, il tardo manierismo romano e internazionale, con opere di Scipione Pulzone, Jacopo Zucchi, Jacob De Backer per proseguire con la pittura veneta di fine Cinquecento. Venezia non ha una vera e propria corte come quella pontificia di Roma, ma vanta un fiorente mercato dell’arte garantito dalle commesse della Serenissima. Ed ecco Palma il Giovane, Tintoretto e di Tiziano e bottega, restaurato dal laboratorio interno del Museo, “Venere e Adone”, una delle repliche di un soggetto che ebbe grande fortuna. La versione più celebre è quella dipinta per Filippo II oggi al Museo del Prado di Madrid. Accanto due bozzetti in scala ridotta “Battesimo di Cristo”, “Adorazione dei pastori” di El Greco per il grande polittico commissionato dalle monache agostiniane del Colegio de la Encarnacion di Madrid.
E’ quindi la volta della pittura di genere della prolifica bottega dei Bassano che indugia sugli oggetti, dei fiamminghi, di Bartolomeo Passerotti autore de “La macelleria” e “La pescheria”. La Galleria dell’appartamento riservato a Anna Colonna Barberini è decorata dagli allievi di Pietro da Cortona, su disegno del maestro. Isolato su un basamento, nella ex cappella di Palazzo, di Annibale Carracci e bottega un capolavoro, il “Tabernacolo portatile con la Pietà, scene di santi e martiri” del 1603, olio su rame su tavola. Un prezioso altarolo privato, un trittico con le ante laterali richiudibili e dipinte su entrambi i lati, commissionato dal potente cardinale Odoardo Farnese a cui si devono la fortuna della scuola bolognese a Roma e le imprese decorative di Palazzo Farnese, prime fra tutte la Galleria.
Dopo il pathos dell’altarolo di Carracci si passa alla pittura di paesaggio, un genere ritenuto minore che tra la fine del Cinquecento e all’inizio del Seicento acquista una dimensione nuova a sé stante, perdendo il suo carattere accessorio, di sfondo. Di Paul Bril tre vedute dei feudi Mattei (Vedute di Giove, di Castel di Tora e Monte Antuni, di Rocca Sinibalda), riprese al vero, commissionate dalla famiglia nel 1601. I grandi dipinti dovevano ornare il salone principale di Villa Celimontana, la villa dei Mattei sul Celio. Il soffitto della sala, che era l’anticamera della cappella (attuale salotto), fu fatto decorare dagli Sforza.
Clou dell’esposizione le sale che hanno come protagonista Caravaggio che si è deciso di presentare in tre ambienti diversi, una sala per ciascuno dei quadri di proprietà della Galleria, accanto ai caravaggeschi italiani e stranieri che operarono a Roma. Il fenomeno Caravaggio infatti travalica la penisola e assume ben presto dimensione europea. Nella prima sala il celeberrimo “Giuditta decapita Oloferne” del 1600, realizzato per il banchiere genovese Ottavio Costa che viveva a Roma. Scoperto quasi casualmente nel 1950 e acquistato dalla Galleria ne 1971, è posto accanto al nemico Giovanni Baglione, al famoso “Santa Cecilia e l’angelo” di Carlo Saraceni, all’ “Autoritratto” e alla “Sacra famiglia” di Orazio Borgianni.
Nella seconda sala tornerà a giugno il controverso “Narciso” che ha diviso gli studiosi fra coloro che lo accreditano al Merisi e altri allo Spadarino. Per ora è a Vienna per una mostra sul barocco, Caravaggio e Bernini. Accanto sono esposti Jusepe de Ribera “Negazione di Pietro”, “La buona ventura” di Simon Vouet che s’ispira al dipinto di Caravaggio dei Musei Capitolini con lo stesso soggetto e “Vanitas” del misterioso “Maestro del lume di candela”. Infine nella terza sala l’intenso “San Francesco in meditazione”, spogliato di ogni elemento accessorio. Gli fanno compagnia Orazio Gentileschi e Bernardo Strozzi. E poi ancora i caravaggeschi Angelo Caroselli, Valentin de Boulogne Artemisia Gentileschi, Gerrit van Honthorst, il “divin Guido” Reni e gli emiliani. E Lanfranco, Domenichino, Guercino. E in uno spazio riservato “Donna con turbante”, il presunto “Ritratto di Beatrice Cenci”, che uccise il padre e nel 1599 venne processata e decapitata di fronte a Castel Snt’Angelo. Una lunga e fortunata tradizione l’ha attribuito a Guido Reni che l’avrebbe immortalata in carcere, ma recenti studi in base a dipinti simili lo fanno risalire a una sconosciuta Ginevra Cantafoli. Dal mito alla realtà senza dimenticare che legioni di visitatori e di artisti, da Schelley a Stendhal a Artaud, venivano a Palazzo per vedere la “Fornarina” e “Beatrice Cenci”.
Galleria Nazionale d’Arte Antica – Palazzo Barberini Via delle Quattro Fontane, 13 Roma. Orario: da martedì a domenica 8.30 – 19.00, lunedì chiuso. Giorni di chiusura: 25 dicembre, 1°gennaio e il 24 e il 31 dicembre chiusura alle ore 18.00. Informazioni: tel. 06-4814591 e www.barberinicorsini.org