L'emergenza coronavirus, improvvisa e micidiale, ha falciato la stagione delle gite scolastiche e dei viaggi, la primavera del turismo straniero, e l'ha catapultata in pochissimi giorni nel girone di chi non può lavorare da casa e il lavoro, drammaticamente, lo perde. Sono migliaia i professionisti della cultura, che, in tutta Italia, si sentono invisibili, dimenticati, costretti a veder sfumare, con la chiusura di musei e parchi archeologici in vigore dall'8 marzo per contenere il contagio, i guadagni più sostanziosi, in una crisi che per il settore si prevede lunga e pesante. I guadagni dei mesi primaverili, per un lavoro fortemente legato a stagionalità e flussi turistici, sono infatti cruciali per garantirsi un reddito decente e affrontare l'intero anno. Sì, perché l'emergenza Covid-19, tra i suoi effetti collaterali, ha scoperchiato il vaso di Pandora delle concessionarie, cooperative e società, afferenti a istituzioni culturali pubbliche che gestiscono tour guidati, bookshop e biglietterie.
“A me - dichiara una delle tante guide turistiche in difficoltà - dopo anni di collaborazione la società concessionaria ha chiesto di aprire la partita Iva per continuare a lavorare, ma all'interno di un'organizzazione che non è da libera professionista”. Gli incarichi sono annuali, i turni vengono stabiliti settimana per settimana in base alle disponibilità, ma le retribuzioni non superano i 30 euro lordi per singola visita, che può durare fino a un'ora e mezza. “Si cerca di cumularne almeno due - dice - per avere un compenso giornaliero congruo e non rimetterci con i costi di trasporto”. Non è il professionista a decidere quanto vale il suo servizio, come succede invece con agenzie private e tour operator che “Per una visita di tre ore ai Musei Vaticani pagano in media sui 130 euro lordi. È il concessionario a decidere applicando tariffe legate alle gare del ministero, che sono al ribasso”.
C’era già stato un rallentamento durante lo stop ai viaggi di istruzione e poi con la sospensione delle attività didattiche poi le visite del mese di marzo sono completamente saltate, la preoccupazione più grande è che la situazione non si risolva in poco tempo. “Abbiamo provato a immaginare un futuro e secondo noi tutto l'anno è compromesso - le fanno da eco altre colleghe - finché ci saranno restrizioni oggettive nessuno viaggerà e quando la situazione si normalizzerà, magari a giugno, si cominceranno a muovere solo i turisti nostrani per andare in vacanza. Durante i mesi estivi noi lavoriamo principalmente con il turismo estero, perché gli italiani vanno in vacanza al mare o in montagna. Se la situazione non si stabilizza anche fuori dall'Italia non avremo l'incoming. Quindi, ci sarà da aspettare e da lavorare sodo per riguadagnare la fiducia del turista straniero”. Tutte le guide turistiche intervistate credono sia fondamentale un reddito di quarantena, rilanciato fin dai primi giorni da “Mi riconosci?”, la campagna nata nel 2015 da un gruppo di professionisti del mondo dei beni culturali per cambiare la realtà lavorativa del settore e l'accesso alla professione, valorizzando questa figura di mediatore culturale. Ultimamente “Mi riconosci?” ha proposto via social un'inchiesta su “Cultura e lavoro" ai tempi di Covid-19” per raccogliere dati su tutti gli impiegati legati al settore che hanno perso il lavoro o la fonte di reddito o rischiano di perderlo a causa dell'emergenza coronavirus.
Claudia Sonego, vicepresidente dell'associazione di categoria Guide turistiche italiane visti i primi decreti dei 600 euro da destinare ai liberi professionisti aveva subito chiesto che questa misura venisse estesa anche alle guide, con una serie di sgravi fiscali, posticipazioni delle scadenze, diminuzione delle aliquote. “Se non usciamo a lavorare noi non incassiamo - aveva sottolineato - la specificità di questo lavoro è che si svolge in musei, piazze, chiese. Se non posso uscire come mi mantengo, come mantengo la famiglia, come pago l'affitto? Tra noi ci sono monoreddito, persone che hanno impegni con i figli, con i mutui”. L'emergenza coronavirus ha scoperto il nervo. Tra le soluzioni di lungo periodo, secondo Gti, ci sono "La riforma della professione, con un innalzamento del livello di accesso" (ad oggi in alcune regioni basta essere diplomati per prendere il patentino, ndr) e l'individuazione di un equo compenso. Dal MiBACT, era arrivato un primo riconoscimento: “Il 28 febbraio il ministro Franceschini ha convocato tutti i comparti del turismo, anche noi guide - fa sapere la vicepresidente di Gti - Ci è stato assicurato un sostegno economico e un terzo passaggio futuro di carattere promozionale, comunicativo. Una volta usciti dall'emergenza per rilanciare il settore ci aspettiamo questo: una massiccia campagna di promozione turistica che valorizzi anche la nostra figura professionale. Per far capire che questa professione esiste”.
Proprio in queste ore, il direttivo di Gti presieduto da Simone Fiderigo Franci e vicepresieduto da Claudia Sonego, passa all'attacco e commenta il Decreto Cura Italia con un comunicato: “Per il turismo, sempre invocato come motore economico del Paese c'è ben poco o nulla. Oltre al fatto che alla voce dei 600 euro per le partite Iva, questa l'ultima versione, dove ci collochiamo anche noi operatori del settore oggi a casa senza ammortizzatori, completamente fermi per la crisi, c'è poca chiarezza. Vista la necessità di fare le domande con rapidità, pena l'esclusione, ci sarà l'assalto alla diligenza. E allora si scatenerà una guerra tra poveri. Non si fa che dire che il turismo è uno dei principali motori dell'economia. Dove sono le misure che aveva promesso e successivamente pubblicamente annunciato il ministro Franceschini nell'incontro con le categorie, lo scorso 28 febbraio, al Mibact?”.