Sono quasi 150 mila le imprese femminili che si occupano di attività di ristorazione e alloggio, di servizi turistici o legati all’intrattenimento e al divertimento, il 29,5% del totale. In 4 anni: +8,7% quasi 12mila imprese in più. Sono i dati che emergono dall’elaborazione effettuata dall’Osservatorio sull’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere sulla base dei dati al 30 giugno scorso; dallo studio, emergono con chiarezza i settori turistici a maggior vocazione femminile, ma anche quelli che in questi ultimi anni hanno attratto maggiormente le donne..
Come mostrano i tassi di femminilizzazione di questi settori (dati dal rapporto tra imprese totali e imprese femminili), nell’avviare un'attività dedicata alla vacanza e al divertimento, le donne puntano di più sui bed and breakfast e sulle case vacanza piuttosto che sugli alberghi, sui bar piuttosto che su ristoranti, sui parchi divertimento e sui parchi tematici piuttosto che sugli stabilimenti balneari o sulle palestre. E diventano quasi decisive, “pesando” oltre il 40% del totale, in tutti quegli ambiti in cui probabilmente la capacità organizzativa o un più elevato titolo di studi fanno la differenza: quasi il 42% delle agenzie di viaggio è al femminile, lo sono anche il 40% delle imprese che forniscono servizi su prenotazione e guide turistiche, e, sebbene con numeri complessivamente più contenuti, al femminile è anche il 41% delle attività di biblioteche e archivi, così come lo è il 30% circa dei musei.
Il confronto con i dati del 2015, mostra un “picco” di crescita di imprese guidate da donne nel settore dei bed and breakfast e delle case vacanze (+4.258 imprese) e in quello dei servizi di prenotazione e guide turistiche (+517). Oltre 5mila in più, inoltre, i ristoranti gestiti da donne e circa 1.300 i bar al femminile rispetto ai dati di fine giugno 2015.
Più di un terzo delle attività guidate da donne si concentra nella città metropolitane, a partire da Roma, Milano e Napoli. In termini di incidenza percentuale sul totale delle imprese registrate, invece, sono alcune piccole province, molte delle quali del Mezzogiorno, a trainare la classifica nazionale, a cominciare da Benevento, Avellino e Chieti, in cui le donne di impresa sfiorano il 30% delle attività totali”.
Il lavoro non retribuito, però, resta principalmente a carico delle donne. “Il problema – spiega a Economyup.it Claudia Pingue, general manager del PoliHub, l’incubatore d’impresa del Politecnico di Milano – non è biologico ma sociale e culturale, con un non trascurabile impatto economico”. Cosa fare per incoraggiare un cambio di paradigma culturale e sociale nelle nuove generazioni? “Offrire role model diversificati – prosegue Claudia Pingue – che possano creare maggiore consapevolezza nella scelta delle proprie passioni, evitando appiattimenti e polarizzazioni di genere. Chiaro è che per invertire la tendenza nel breve periodo si possono creare incentivi più forti per le startup. In Italia ad esempio una legge efficace relativa alla presenza delle donne nelle società quotate e pubbliche è stata la Golfo-Mosca del 2012, che oltre ad aver comportato a metà del suo periodo di applicazione il triplicarsi delle donne presenti nei consigli di amministrazione, ha contributo alla creazione di un bacino di donne da cui attingere per la composizione dei consigli”.