Il Coronavirus ha cancellato oltre mezzo secolo di turismo. Anche con una risoluzione ‘veloce’ dell'emergenza sanitaria in Italia, la ripresa del mercato non avverrà prima dell'inizio del 2021 a causa dell'effetto pandemia sul mercato internazionale e sulla fiducia dei viaggiatori.
A stimarlo è CST per Assoturismo Confesercenti. La stima si muove dall'ipotesi di un contenimento della fase peggiore dell'emergenza sanitaria italiana entro aprile, con un graduale ritorno alla 'normalità' a maggio. Ma non per il turismo poiché probabilmente frontiere e collegamenti internazionali rimarranno bloccati finché la pandemia non sarà arretrata anche nei principali Paesi esteri. Gli effetti porterebbero a 29,1 miliardi di minore spesa turistica e l'impatto non sarebbe limitato alle sole imprese del settore, ma coinvolgerebbe anche attività correlate: settori della ristorazione, delle vendite e dei trasporti.
“Di fronte a uno scenario così, gli interventi previsti dal decreto Cura Italia per le imprese del turismo, purtroppo, sono inconsistenti”, commenta Vittorio Messina, Presidente di Assoturismo Confesercenti. “Occorrono provvedimenti molto più incisivi. La moratoria dei mutui non basta a liberare quella mole di liquidità necessaria alle imprese per traghettare le attività oltre la crisi. Grande delusione, poi, per la mancata istituzione di un Fondo di crisi per il turismo, che pure avevamo richiesto con forza, al contrario di quanto avvenuto altri settori - come agricoltura e spettacoli - lo hanno ricevuto”. “Speriamo di essere smentiti dai fatti, ma così com'è - conclude Messina - il Cura Italia per il turismo rischia di essere solo un tampone. Bisogna fare di più per un settore che, direttamente e indirettamente, vale il 13% del Pil e oltre 3 milioni di posti di lavoro”. Queste sono le speranze di Messina per le imprese del settore turistico, che in questo momento vedono azzerati i propri fatturati.
Anche secondo Astoi Confindustria Viaggi, il Cura Italia sarebbe un semplice “palliativo” per il collasso del settore turistico. L’Associazione di Categoria rappresenta e si fa portavoce dei tour operator italiani per chiedere con urgenza l'adozione di alcune misure incisive a tutela della sopravvivenza delle imprese e dei loro lavoratori. “Dalla fine di gennaio – spiega in una nota – i tour operator stanno registrando solo uscite: costi extra per i rimpatri, rimborsi per le cancellazioni, stipendi dei dipendenti, affitti degli immobili, anticipi dati ai fornitori e penali applicate da questi ultimi (soprattutto fornitori esteri)”.
Vi è quindi, come aveva già esposto AGTA – l’Associazione Guide Turistiche Abilitate – la necessità di un Fondo di crisi per il turismo per assicurare la continuità aziendale del settore; fondo che è già stato istituito dal Decreto Cura Italia – D.L. 17 marzo 2020 – a beneficio di altri settori quali Spettacolo, Cultura, Agricoltura e Pesca, ma non per il Turismo.