Ritornare ai luoghi e ai significati originari. E’ quello che propone il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt per le opere spirituali nate per chiese e cappelle ed in seguito portate nei musei statali o nei loro depositi. "Credo che il momento sia giunto: i musei statali compiano un atto di coraggio e restituiscano dipinti alle chiese per i quali furono originariamente creati", ha dichiarato il direttore, in occasione della riapertura di Palazzo Pitti a Firenze. L’operazione riguarderebbe tavole, tele, pale ed altri dipinti. Tra questi, dichiara Schmidt, "il caso forse più importante "si trova proprio agli Uffizi: la Pala Rucellai di Duccio di Buoninsegna, che nel 1948 fu portata via dalla basilica di Santa Maria Novella e dagli anni '50 del Novecento è esposta nella sala di Michelucci e Scarpa, insieme alle Maestà di Giotto e di Cimabue", ma che "non è mai entrata a far parte delle proprietà del museo”.
Il progetto avrebbe il vantaggio, inoltre, di dare vita all’iniziativa del ‘museo diffuso’, riproposto nel corso dell’emergenza Covid per evitare il verificarsi di assembramenti nei musei più famosi. La restituzione dei dipinti, tuttavia, fa emergere il problema della loro sicurezza e conservazione, questione che sottolineano diversi commentatori.
Una proposta condivisibile, che può essere valutata, sebbene i musei non possano essere privati delle loro opere più celebri e di valore. E’ il punto di vista di Antonio Paolucci, ex Ministro dei Beni culturali ed ex direttore del Polo Museale fiorino, rispetto alla proposta di Schmidt. Secondo Paolucci, non è possibile privare i musei delle loro opere per riportare alle chiese di origine tutte le opere che oggi si trovano negli Uffizi, all’Accademia o altrove, per motivi di sicurezza e di rappresentatività dei musei stessi. Restituire tali opere, inoltre, starebbe a significare privarsi di un momento didattico fondamentale. Solo in alcuni casi, tuttavia, sarebbe possibile, afferma Paolucci, pensare di riportare le opere nelle chiese d’origine, con attenzione e valutando i pro e i contro di ogni situazione.
Eike Schmidt ha “mille volte ragione”. Le opere d’arte che si trovano nei musei per motivi di sicurezza, devono tornare a casa. Questo è il pensiero del critico d’arte Vittorio Sgarbi rispetto alla questione. Sgarbi, inoltre, sostiene che i musei abbiano sottratto alle chiese di origine le opere per motivi di sicurezza senza averne la proprietà. “Oggi andrò dal ministro Franceschini per testimoniare considerazione di questa idea e l'auspicio che il direttore Schmidt venga ascoltato. Farò anche un'interrogazione parlamentare e tutto quello che serve per dare ragione a Schmidt". Il critico entra nel dettaglio, riportando esempi di opere come un’Annunciazione di Tiziano e una Flagellazione di Caravaggio, provenienti dalla chiesa di San Domenico di Napoli ed oggi a Capodimonte, prelevate in maniera arbitraria rispetto al titolo di proprietà.
Totalmente contraria è invece l’opinione di Tomaso Montanari, lo storico dell’arte che si scaglia contro Eike Schmidt, accusandolo di conflitto di interesse. Secondo Montanari, ''è una questione complessa e spinosa, non ha nessun senso dire una cosa del genere. Non siamo al supermercato. Bisogna vedere caso per caso. In alcuni casi la cosa potrebbe avere un senso, in altri non ne ha nessuno. Però poi c'è un dettaglio: il direttore degli Uffizi è contemporaneamente il presidente del Fec, Fondo Edifici di Culto del ministero degli Interni, il fondo che detiene la maggior parte delle chiese italiane ed è stato nominato da Salvini nei giorni del Papete. Ora c'è un conflitto di interessi evidente: questo signore deve decidere se fare il presidente del Fec o il direttore degli Uffizi".