Nel Trionfo di Galatea, affresco conservato nella lussureggiante loggia di Villa Chigi a Roma, oggi conosciuta come Villa Farnesina, Raffaello ha ricreato il famoso “blu egizio”, il primo colore artificiale della storia secondo gli archeologi, per dipingere gli occhi della bella ninfa ma anche il mare e il cielo che le fanno da sfondo. La scoperta, avvenuta in seguito a una ricerca sui materiali dell'affresco guidata dal professor Antonio Sgamellotti, accademico dei Lincei, e condotta in collaborazione con ENEA, IRET-CNR, Laboratorio di Diagnostica per i Beni Culturali di Spoleto e XGLab-Bruke, rappresenta un importante risultato, in quanto è la prima volta che si ritrova in un'opera di Raffaello questo pigmento e, per il professor Sgamellotti, si tratterebbe di un unicum.
Il blu egizio, creato nella terra dei faraoni e in seguito adottato da Greci, Etruschi e Romani, è stato impiegato fino alla fine dell'Impero romano per poi essere sostituito dai più preziosi lapislazzuli. Raffaello avrebbe deciso di utilizzare nuovamente questo pigmento “antico” dopo aver letto gli ingredienti e il procedimento per ottenerlo in un passo del De Architectura di Vitruvio; infatti, racconta Sgamellotti, Raffaello “cita Vitruvio proprio rispondendo alla lettera del suo amico Baldassarre Castiglione che gli faceva i complimenti per la bellezza della Galatea”. Sul perché, invece, l'artista di Urbino abbia inserito il blu egizio nell'affresco della loggia di Villa Farnesina, gli studiosi si sono divisi. Irene Baldriga, storica dell'arte e docente della Sapienza di Roma, ha individuato la ragione di questa sperimentazione nella passione per l'arte classica che contraddistingueva Raffaello; essendo la Galatea un soggetto mitologico, poteva risultare appropriato recuperare una tecnica del passato per raffigurarla. Secondo invece un altro storico dell'arte, Costantino D'Orazio, l'uso del blu egizio non è legato agli interessi del Divin Pittore per l'antico, ma è dettato dal desiderio di sperimentare un'alternativa ai lapislazzuli, molto usati da Michelangelo nella Cappella Sistina, oppure può derivare da un'indicazione del committente, Agostino Chigi, che al posto di importare costose gemme (i lapislazzuli) dall'Afghanistan, potrebbe aver preferito l'impiego di un pigmento sintetico fabbricabile a Roma. Tra l'altro l'interesse di Agostino Chigi per questo affresco era sicuramente elevato, in quanto l'iconografia della Galatea sarebbe un omaggio a Margherita Gonzaga, la quale aveva rifiutato la proposta di matrimonio del facoltoso mecenate perché non lo considerava all'altezza del suo rango.
Dalle analisi condotte sull'affresco è inoltre emerso che la ricerca sui colori archeologici in quest'opera non si ferma all'azzurro: è un pigmento antico anche il cinabro tipico di Pompei usato per il drappo che avvolge i fianchi di Galatea, un pigmento non raro usato solo come finitura, non essendo adeguato per la tecnica dell'affresco, come sottolineato da Sgamellotti. L'utilizzo del blu egizio rappresenta sicuramente una scelta unica all'interno della loggia di Villa Farnesina, visto che nel gigantesco Polifemo dipinto da Sebastiano del Piombo, l'affresco che affianca il Trionfo di Galatea e ne sembra quasi la prosecuzione, l'azzurro del cielo è realizzato con i lapislazzuli, mentre, dopo Raffaello, a impiegare nuovamente il blu egizio nei loro quadri sono stati solamente due artisti italiani del tardo Rinascimento, Benvenuto Tisi, detto il Garofalo, e Giovanni Battista Benvenuti, detto l'Ortolano.
Lo studio che ha permesso di scoprire la presenza del blu egizio nell'affresco di Raffaello, realizzato per i 500 anni dalla morte dell'artista urbinate, sarà presentato in occasione della mostra “Raffaello in Villa Farnesina. Galatea e Psiche”, curata da Sgamellotti e da Virginia Lapenta, che dal 6 ottobre al 6 gennaio 2021 verrà allestita presso Villa Farnesina. Un'occasione da non perdere, visto che sempre in quei giorni verranno esposti per la prima volta al pubblico anche i disegni scoperti negli anni '70 sull'intonaco della parte inferiore delle pareti con il Polifemo di Sebastiano del Piombo e il Trionfo di Galatea, disegni normalmente nascosti da “finti” tendaggi ottocenteschi. Non solo: al primo piano della Villa, organizzata dall'Istituto Centrale per la Grafica, una rassegna ripercorrerà la favola di Amore e Psiche nella traduzione grafica della Regia Calcografia, con disegni, calcografie e matrici.