Nei giorni scorsi si prospettavano esclusi dalla riapertura della Fase 2 i restauratori che di conseguenza si sono proclamati "increduli e indignati per l'approssimazione superficiale e pedissequa mostrata dal Governo". Così una nota di Cna Firenze che con Simone Beneforti, rappresentante dei restauratori nella confederazione ha parlato di "scelta che contrasta ogni logica oggettiva poiché si tratta per la massima parte di attività che si svolgono in cantiere o in laboratorio senza alcun contatto con il pubblico, generalmente con un numero ridotto di addetti per ciascuna unità produttiva e con amplissime possibilità di distanziamento sociale".
L'attività del restauratore, si è sottolineato, ha "un ridotto rischio di trasmissione del virus Covid-19, analogo, se non inferiore, a quello dei cantieri edili e certamente minore di quello di molte attività industriali la cui riapertura è invece consentita dal nuovo Dpcm" mentre il prorogarsi della chiusura "andrà ulteriormente ad aggravare la già difficile situazione economica del comparto".
Per questo da Firenze - dove in base agli ultimi dati disponibili sono 240 le imprese nel restauro di opere d'arte, con 284 addetti totali e 179 nel restauro mobili e arredamento con 179 addetti totali - "lanciamo l'appello al Governo - ha concluso Beneforti - di inserire le aziende di conservazione e restauro di beni culturali tra quelle autorizzate a riprendere le attività il 4 maggio".
Per lo stesso motivo i restauratori aderenti alla CNA di Roma hanno chiesto "la immediata rettifica dell'Allegato 3 al DPCM che inserisca le aziende di conservazione e restauro di beni culturali tra quelle autorizzate a riprendere le attività il 4 maggio", ha spiegato Giacomo Casaril, Portavoce di CNA restauro Roma.
"I restauratori, come del resto tutto il comparto artigiano, hanno finora con coscienza aderito allo sforzo collettivo per il bene comune, sacrificando quote significative dei propri mezzi di sussistenza, ma il permanere del fermo sanitario per le proprie attività produttive appare adesso incomprensibile e assurdamente discriminatorio - ha aggiungiunto Cna -. Esso andrà ulteriormente ad aggravare la già difficile situazione economica del comparto, a pesare sui conti pubblici e sul bilancio degli ammortizzatori sociali e per di più senza per questo offrire alcun beneficio alla collettività".
Pertanto dopo le polemiche e gli appelli, arriva da una faq del governo il via libera alle attività di restauro finalizzate alla conservazione di opere d'arte. "Tali attività - si legge sul sito del governo - non sono infatti sostanzialmente riconducibili a profili ricreativi o artistici di cui al codice Ateco 90.D Essendo invece riconducibili alle attività assentite nell'allegato 3 del Dpcm 26 aprile 2020 del restauro di edifici storici e monumentali, dell'industria del legno, di architettura, di ingegneria, collaudo e analisi tecniche e alle altre attività professionali, scientifiche e tecniche nonché alle riparazioni di beni mobili". Un intervento sostenuto dal ministro Franceschini per far ripartire i cantieri della cultura.