Foto: 1) Corrado Cagli I vasi, 1934 olio su tavola, 55x85 cm Collezione Jacorossi, Roma; 2) Corrado Cagli Pescatore, 1930 ceramica dipinta, ø 37 cm Collezione privata, Londra; 3) Allestimento mostra. Corrado Cagli, foto di Marco Nardo; 4) Allestimento mostra. Corrado Cagli, foto di Marco Nardo.
Corrado Cagli, a vent’anni dall’ultima mostra nel ’99 alla Galleria Farnese curata da Fabio Benzi, torna a Roma la città in cui si era trasferito con la famiglia bambino. Era nato ad Ancona nel 1910 (muore nel 1976), ma è a Roma che si forma, che compie gli studi classici, che frequenta l’Accademia di Belle Arti e realizza i primi dipinti. Torna con una grande retrospettiva ricca di duecento opere, provenienti da istituzioni e collezioni private che documentano tutto il percorso artistico di un pittore colto, esperto di alfabeti, di cabala, a contatto con intellettuali, poeti, matematici, un artista fondamentale per comprendere lo sviluppo dell’arte contemporanea. Eppure per quarant’anni è stato sottovalutato dalla classe intellettuale italiana. “Noi siamo dalla parte di coloro che vengono ignorati nel nostro paese - dichiara il professor Emmanuele Emanuele presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale cui si deve la rassegna aperta a Palazzo Cipolla fino al 6 gennaio 2020, curata da Bruno Corà in collaborazione con l’Archivio Cagli ed organizzata da Poema S. p. A. con il supporto di Comediarting (catalogo Silvana Editoriale).
“Artista copernicano”, lo definì Carlo Ludovico Ragghianti in occasione dell’esposizione del ’72 a Palazzo Strozzi che raccoglieva ben seicento opere, evidenziando il suo contributo alla pittura, scultura, architettura, musica, danza, poesia “in una ritrovata totale armonia pitagorica”. Artista complesso per il quale “l’arte prima di essere un fatto estetico è un fatto morale”, che la critica ha stentato a capire in una specie di “congiura del silenzio”. Ma a partire dagli anni Sessanta intervengono Enrico Crispolti che parla di un maestro “outsider” dell’arte italiana e internazionale e Lorenza Trucchi che in occasione della scomparsa definisce Cagli un caso a parte, “unico ed inclassificabile” nel panorama della nostra pittura. “Nella sua irrequietezza, nella sua molteplicità noi ci riconosciamo e riconosciamo il nostro tempo”, scriveva Palma Bucarelli.
La mostra antologica di Palazzo Cipolla non tralascia alcun aspetto della sua produzione tra “folgorazioni e mutazioni” linguistiche con l’obiettivo di evitare che “incomprensioni, pregiudizi e distrazioni” perpetrino forme di oblio della sua opera come in tempi e per ragioni diverse hanno interessato maestri dimenticati per secoli, da Piero della Francesca a Caravaggio. Ordinata sui più incisivi momenti della sua creazione, riflette sulla fase iniziale, sulla pittura murale, la tematica del “primordio” e del fondamento archetipo, l’essenza del disegno, del colore e delle forme, l’etica dei contenuti, la produzione teorica, la relazione con la storia, l’estetica, la poesia, l’impegno civile e morale.
Una rassegna molto ricca, che sarà una vera scoperta per gran parte dei visitatori fin dalla prima sala che ha al centro su un tavolo di forma circolare i pannelli a tempera encaustica su tavola con i segni zodiacali realizzati nel’34 per i mosaici della fontana monumentale di Terni. Nel ’28 Cagli lascia Roma per Umbertide per intraprendere una collaborazione con la fabbrica delle ceramiche Rometti di cui diventerà nel ’30 direttore artistico rinnovando i modelli con soggetti moderni e nuovi, evoluzione di elementi figurali tipicamente Art Decò ripresi anche nei primi lavori murali. In mostra la prima opera in assoluto eseguita appena appresi i primi rudimenti dell’arte. In aperta polemica con l’arte del gruppo “Novecento” di Mario Sironi e con il recupero dell’antico e della tradizione Cagli contrappone la poetica del “primordio” in chiave mitica inserendola in un discorso di “pittura ciclica e polifonica” prevalentemente di tipo murale. E’ la teoria del muralismo che si esprime nel manifesto “Muro ai pittori” uscito nel maggio del ’33 sul primo numero della. rivista “Quadrante”. Nello stesso anno, qualche mese dopo, Sironi teorizza il ritorno alla grande decorazione pubblicando, sottoscritto da Campigli, Carrà e Funi, il “Manifesto della pittura murale”. Con Capogrossi e Cavalli, Cagli crea un sodalizio che in occasione della mostra parigina del ’33 diverrà “Ecole de Rome” da non confondere con il terzetto Scipione-Raphael-Mafai. Dai primordi della Scuola Romana all’esordio nel disegno con una mostra di cinquanta carte presentata nel ’35 da Massimo Bontempelli, suo zio, alla Galleria La Cometa, diretta da Libero De Libero, di Mimì Pecci-Blunt. A lei grande mecenate è appartenuto il cartone preparatorio dell’”Orfeo incanta le belve” (che si rifà alle Metamorfosi di Ovidio), eseguito da Cagli nel ’38 per l’affresco (andato perduto) nella rotonda della XXI Biennale di Venezia.
Il disegno per Cagli è un’arte a sé stante, realizzato con la tecnica del monotipo e l’ausilio di uno stilo o di una matita. “Il disegno a volte va letto tra le righe perché scrittura, a volte va ascoltato perché canto muto”, dice. Ed ecco la serie dei disegni, oli su carta, in gran parte di collezioni private “Maratoneti”, “Dannati”, “Penelope”, “La Maga Circe”, “Davide e Golia”. Il disegno accompagna tutta l’attività plastica e pittorica di Cagli che non disdegna la grafica come risulta dalla serie di serigrafie in mostra, piuttosto tarde, che rievocano episodi drammatici della storia d’Italia come la strage del bandito Salvatore Giuliano a Portella della Ginestra il 1 maggio del ’47.
Centrali i dipinti dei primi anni Trenta. Gli oli su tavola l’”Autoritratto”, “Sirena” , “La nave di Ulisse”, “Navigatori” e gli oli su tela “Paestum”, “Edipo a Tebe”, “Il neofita” e il ritratto de “Il pittore “Gregorio Prieto”. Nel ’35 Cagli viene invitato da Cipriano Efisio Oppo alla II Quadriennale romana per decorare la grande Rotonda centrale del Palazzo delle Esposizioni allestita dall’architetto razionalista Pietro Aschieri. Tema la “Bonifica delle Paludi Pontine” e la costruzione delle città nuove e “Cronache del tempo”. Un’opera di propaganda per celebrare il successo dell’operazione progettata fin dall’antichità e realizzata in poco tempo dall’Opera Nazionale Combattenti. “Protasi” il titolo scelto da Cagli, ovvero la parte introduttiva del poema classico. E’ un progetto impegnativo affidato a un artista molto giovane, ma già affermato, “il pittore più interessante della sua generazione”, secondo Pier Maria Bardi. La scelta stilistica di “Protasi” e delle tre “Cronache del tempo” è emblematica della ricerca pittorica di Cagli in quegli anni in cui inizia a utilizzare supporti lignei e la tecnica della tempera a encausto, scrive in catalogo Federica Pirani. I riferimenti sono a Masaccio, Paolo Uccello, Piero della Francesca e finanche a Signorelli e Lorenzetti.
Sono gli anni del ventennio fascista ante 1938 anno delle leggi razziali che inducono l’artista ebreo a mettersi in salvo prima a Ginevra, poi a Parigi e negli Stati Uniti dove si arruola nell’esercito americano partecipando allo sbarco in Normandia. Prima di partire non erano mancate le critiche e le censure più o meno esplicite alle sue opere murali. Come per la “Corsa dei cavalli barberi” del ’35 realizzata per la biblioteca dell’edificio del Castello dei Cesari, eretto sull’Aventino sui resti delle antiche terme, sede dell’Opera Nazionale Balilla prima e della Casa della Gioventù Italiana poi e oggi dell’Accademia Nazionale di Danza. Venne eseguita a tempera grassa su invito dell’architetto Gaetano Minnucci che aveva ristrutturato l’edificio in stile razionalista. Un’opera di tre metri per otto circa censurata da Renato Ricci. Ma fortunatamente occultata con una parete in cartongesso, è stata riscoperta dopo la guerra grazie a Mirko che era stato aiuto del pittore e restaurata.
In mostra un “Autoritratto dei tempi difficili” del ’43. Nel ’47 ritorna per un breve periodo in Italia ed espone a Roma allo Studio d’Arte Palma i suoi ultimissimi lavori presentato ancora da Bontempelli. Dipinti in cui si avverte un senso d’inquietudine e di tensione drammatica che susciteranno una forte protesta del gruppo Forma.
Da non dimenticare il suo impegno civile. La progettazione di un memoriale nel luogo in cui era situata fino al novembre del ’38 la sinagoga di Göttingen. Il 9 novembre ’73, anniversario della “Notte dei Cristalli”, viene inaugurata una struttura piramidale tubolare in acciaio alta circa sei metri e composta da 86 triangoli ruotanti a formare la stella di Davide. In mostra il bozzetto definitivo in acciaio.
Dopo la collaborazione con l’Arazzeria Scassa per la realizzazione di sedici arazzi per la turbonave Leonardo da Vinci, l’artista decide di continuare. L’Arazzeria realizzerà su suoi cartoni più di cinquanta arazzi, alcuni di grandi dimensioni in mostra. Molteplice, variegata, originale tutta la sua produzione. Dallo sperimentalismo degli anni ’49-’50 alle “metamorfosi”, alle “mutazioni modulari”, ai lavori per il teatro a cui la mostra dedica un’ampia sezione. Dopo l’esordio in USA con la Ballet Society insieme a Balanchine e Kirsten, Cagli collabora con i protagonisti della storia della musica e del balletto in Europa e in Italia, Dalla Piccola, Milaud, Muti, Stravinsky. “Era uno di quegli esseri, gli eletti, che emanano grazia, la diffondono intorno a sé. Chi li incontra viene toccato dalla grazia. Tale era Corrado Cagli uomo”, scrive Goffredo Petrassi. Cagli si definiva “pittore per il teatro e non scenografo”. Dunque non la trasposizione del quadro sulla scena, ma piuttosto la ricerca di soluzioni diverse di volta in volta. Tra pittura e teatro ci doveva esserci un rapporto di reciprocità, di stimolanti sollecitazioni. La scena non è mai per lui un’opera da cavalletto ingigantita.
Roma, Palazzo Cipolla, Via del Corso 320. Orario: da martedì a domenica 10.00 – 20.00, fino al 6 gennaio 2020. Informazioni: www.fondazioneromamuseo.it