[Foto: "Met", Metropolitan Museum of Art di New York]
Kunicki e Sempre, collaboratori di alcuni musei tra i più significativi del mondo, sono sospettati di aver “riciclato” reperti archeologici rubati in diverse nazioni a causa delle turbolenze provocate nel 2010 dalla primavera araba. Tra gli altri, principalmente l’Egitto ma anche la Libia, lo Yemen e la Siria. Il traffico avrebbe a che fare con centinaia di oggetti archeologici del valore di varie decine di milioni di euro. "La domanda è se questi pezzi abbiano lasciato i Paesi d'origine legalmente", spiega una delle fonti, "oppure con la compiacenza di gruppi armati in determinati momenti al controllo del territorio". I reperti presi in considerazione dagli investigatori sarebbero stati rivenduti a privati ed a importanti istituzioni, come il Louvre di Abu Dhabi o il “Met” di New York.
Specialista in archeologia mediterranea e membro del comitato della Società francese di egittologia, Christopher Kunicki era già stato accusato nel 2011, con il marito, del furto di un sarcofago in Egitto. Una volta attraversate Dubai, la Germania e Parigi, il sarcofago, contenente i resti del sacerdote Nedjemankh, era stato venduto da Kunicki al Met nel 2017 per 3,5 milioni di euro (all’incirca 4 milioni di dollari) ed esposto in una mostra a lui dedicata. Nel 2019 è stato restituito all’Egitto dopo che un’indagine ha stabilito che era stato sottratto nell’anno delle proteste contro il presidente Hosni Mubarak.
Christopher Kunicki e suo marito Richard Sempre sono stati arrestati da un tribunale francese di truffa e associazione a delinquere per reati punibili con la reclusione fino a 10 anni, per riciclaggio e contraffazione. I due coniugi, secondo l’accusa, avrebbero allestito un traffico di antichità rubate dal Medio e Vicino Oriente sfruttando la fragilità politica di diverse nazioni, come Yemen o Afghanistan. Nell’udienza di fronte al giudice di sorveglianza sono stati rilasciati e sottoposti a libertà vigilata. I due erano stati arrestati e portati dalla polizia con altri tre sospettati tra lunedì e martedì scorso, nel corso di un’indagine sul settore del mercato dell’arte e degli antiquari parigini. Gli altri tre sospettati, il presidente della casa d’aste Pierre Bergé & Associe’s, un ex curatore del Louvre e un celebre gallerista parigino della rive gauche, sono stati rilasciati poco tempo dopo l’arresto, senza incontrare il giudice inquirente Jean-Michel Gentil, responsabile dell’indagine di competenza dell’Ufficio centrale per la lotta contro la tratta di beni culturali (OCBC).