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  •  20/07/2020
Lorenzo Maria Lucenti

È morta ieri all’età di 97 anni Giulia Maria Crespi, fondatrice del FAI (Fondo Ambiente Italiano). Giulia Maria Crespi aveva dentro di sé un amore per l’ambiente e l’arte, era un’anima ispiratrice, che aveva «una creatività inesauribile e una singolare unità di ideali e concretezza». Era una donna senza eguali, disposta a mettersi in gioco per quello che credeva.

1923, 6 giugno. Nata a Merate da una importante famiglia industriale della Lombardia, Crespi era figlia unica e venne educata in casa. La sua insegnate, Fernanda Wittgens, sarebbe diventata la prima donna a dirigere la Pinacoteca di Brera (parliamo degli anni del Seconda Guerra Mondiale e successivi); è sicuramente grazie anche alla sua influenza che Giulia Maria Crespi instaurò un legame importante con l’arte.

Si sposò due volte: prima con il conte Marco Paravicini (già comandante partigiano) e successivamente, rimasta vedova nel 1956, con Guglielmo Mozzoni (architetto). Dal primo matrimonio ebbe due figli gemelli, Luca e Aldo; quest’ultimo è prematuramente venuto a mancare due mesi fa.

Nel 1962 entrò nella proprietà del Corriere della Sera, cercando anche di rinnovare il quotidiano, puntando anche sulla penna di Antonio Cederna per i temi ambientali. Ma fu nel 1975 che iniziò a prendere forma l’amore che aveva per l’ambiente e per l’arte. Proprio in quell’anno, con Renato Bazzoni, fondò il Fondo Ambiente Italiano.

Giulia Maria Crespi ha portato avanti, fino ad oggi, il suo messaggio, la sua voglia di fare qualcosa per l’ambiente e per l’uomo: aiutare la terra per aiutare l’uomo. Lo ha fatto fino al 2009 come presidente del FAI, poi come Presidente Onoraria.

Possiamo dirlo con certezza: è riuscita nella sua missione e continua tutt’oggi a riuscirci. Una missione che con gli anni è diventata l’obiettivo primario del FAI: «Il FAI – ha dichiarato il presidente attuale del Fondo, Andrea Carandini - ha tradotto le sue indicazioni in pratiche virtuose nei Beni e nell’educazione al costume della sostenibilità e sempre avvertirà ai suoi fianchi questo suo ultimo sprone».

Il suo impegno civile ha ispirato moltissime altre persone a battersi per l’ambiente. Inizialmente non pensava di star percorrendo la strada giusta. No, non inizialmente almeno. Iniziò a credere nel FAI solo dopo la donazione dell’Abbazia e del borgo di San Fruttuoso (GE) da parte dei principi Doria Pamphilij. La costanza, la determinazione, la passione, il gioco di squadra, la «creatività inesauribile» – come ha specificato Carandini, le hanno permesso di fare la differenza.

È venuta a mancare «una grande donna italiana», come ha specificato il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini. Una donna che si è impegnata nella salvaguardia nel patrimonio storico-artistico del nostro paese e che ci ha mostrato come pubblico e privato possano collaborare efficientemente «per la valorizzazione e tutela del patrimonio culturale». 


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