Sembrerebbe proprio di si. Il Consiglio di Stato, nell’adunanza del 20 dicembre 2018, ha dato il suo parere negativo allo schema di regolamento del DPCM: “Regolamento di riorganizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo a norma degli artt. 1 e 4 bis del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86”. In sostanza ha “bocciato” la riorganizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, voluta dall’attuale Governo, che ha trasferito a quest’ultimo ministero, guidato da Gian Marco Centinaio, (in attuazione dell’art. 1, comma 9, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 97) le competenze in materia di turismo già di competenza del Ministero per i Beni e le attività culturali (DPCM 29 agosto 2014 n. 171, come in seguito modificato, all’art. 19, che ha previsto una Direzione generale del turismo, competente a svolgere “funzioni e compiti in materia di turismo.). Il parere del Consiglio di Stato non è vincolante ma i contenuti del “parere” sembrano pesare non poco sull’operato della struttura politica e tecnica del ministero dell’agricoltura che ha elaborato lo schema di riorganizzazione.
Sorvoliamo su una serie di rilievi circa la mancanza della “bollinatura” della Ragioneria generale dello Stato, oltre a constatare che “nelle premesse, non è richiamato l’art. 1, comma 9, del decreto-legge n. 86/2018, che dovrebbe essere invece richiamato in quanto costituisce la base giuridica per adozione del testo in esame; inoltre il testo è privo del titolo, che va inserito”.
Leggendo il documento, il CdS definisce così il nuovo schema organizzativo: “ Dal testo emerge non tanto un’opera di coordinamento tra funzioni di amministrazione attiva nel settore agricoltura (nei limiti della competenza Statale) con la funzione turistica (anche essa nei limiti della competenza statale) intesa in senso generale, quanto piuttosto una mera sommatoria di competenze spostate tra direzioni generali quasi con la tecnica del “copia incolla” ma non esattamente corroborate da una visione strategica d’insieme che vada oltre la visione settoriale propria del ministero. In parole povere, non sembra opportuno “riempire” il Dipartimento con competenze varie per giustificarne il rango, comunque voluto dal Legislatore primario”.
La questione fondamentale, che il CdS evidenzia nel suo parere, riguarda proprio la definizione del settore del turismo che, interpretando la volontà del Legislatore, il Consiglio di Stato, così definisce: “Dal quadro sommariamente ed esemplificatamene delineato si evince, quindi, che il turismo non può essere riguardato come funzione ancillare di altre funzioni statali, siano esse quelle riguardanti i beni culturali siano quelle riguardanti l’agricoltura, l’alimentazione e le foreste, ma semmai come legante di un coordinamento complesso tra tutte le forme di presentazione e di produzione del territorio italiano nella loro potenzialità di fruizione turistica. La materia del turismo è quindi di speciale complessità, il che, se ha giustificato, sino a tempi recenti, il suo incardinamento nella Presidenza del Consiglio poi superato dal Legislatore, non cessa di costituire l’ago della bussola anche dopo il trasferimento nella competenza, amministrativa, di un singolo ministero”. Invece, la riorganizzazione voluta dal Ministero delle politiche agricole, associa tra loro le funzioni e le attività proprie di altri settori con quelle del Turismo. Si crea così un Dipartimento del turismo con un Capo dipartimento, un dirigente generale e due direzioni non generali ma con l’obbligo di mantenere l’invarianza finanziaria. Al dipartimento del Turismo vengono trasferite parte di competenze che riguardano altri settori dello stesso ministero (competenze in materia di comunicazione, di informazione, di promozione, di fiere e di statistica già di competenza del Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca): “In altri termini, l’impianto ministeriale che ne deriva sembra essere caratterizzato da una funzione servente del turismo a favore dello sviluppo delle attività agricole, alimentari e forestali, piuttosto che dalla istituzione di un luogo amministrativo di gestione del turismo italiano (per la competenza statale), come sicuramente era l’intenzione del Legislatore” “Si è quindi dell’avviso che il Legislatore abbia deciso il trasferimento di tali funzioni al ministero delle politiche agricole necessariamente nella sua totalità ed in maniera escludente, non suscettibile cioè di contaminazioni spurie, quale funzione non solo autonoma ma soprattutto trasversale, coinvolgente anche i settori produttivi e sociali estranei alle competenze del ministero ad quem, il quale funger, sostanzialmente, da semplice “contenitore” ”.
Sembra piuttosto evidente che in luogo di una compagine ministeriale specializzata nella cura dell’interesse nazionale nel settore del turismo (perché tale è la figura del Dipartimento come sopra è stata descritta con i riferimenti alla interpretazione costituzionale) sia stata creata una struttura amministrativa a servizio di un particolare target turistico, quello rappresentato appunto dalla utilizzazione come mezzo di produzione e promozione turistica delle sole attività agricole, alimentari e forestali.
Il Consiglio di Stato conclude così il suo parere: “ il parere di questa Sezione è, pertanto, nel senso che le funzioni non riconducibili alla materia del turismo dovrebbero essere riallocate presso le competenti strutture del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, modificando, per l’effetto, gli artt. 2 e 3 del provvedimento in esame”. La palla ora al Consiglio dei Ministri.