Mentre si preparano in tutta Italia le celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio, si riscopre l’interesse attorno un'opera pittorica ritrovata a Gubbio, attribuibile al grande artista di Urbino ma ancora non approfonditamente studiata. Si tratta del Gonfalone processionale della Confraternita eugubina del "Corpus Domini”, una composizione bifacciale su tela, con altezza di 208 centimetri e larghezza di 179, raffigurante il Risorto con la croce, con uno schienale retto da tre angeli, con i santi Ubaldo e Francesco inginocchiati per la venerazione del Salvatore.
Nel 2009 è stato esposto al Palazzo Ducale di Urbino nella mostra dedicata alla formazione di Raffaello e ai rapporti con la città natale. Dal settembre 2011 al gennaio 2012 è stato alla mostra "Alla Mensa del Signore, capolavori dell'arte europea da Raffaello a Tiepolo" presso la Mole Vanvitelliana di Ancona, in occasione del XXV Congresso Eucaristico nazionale. Infine, nel 2013, l'opera è stata portata a Novi Sad in Serbia per la mostra "Umanesimo e Rinascimento nell'Appennino centrale". Per il 2020 la diocesi eugubina sta mettendo in cantiere nuovi interventi di restauro e una formula espositiva innovativa e suggestiva.
Studiosi e critici d'arte ripropongono l'interrogativo di quanto e come Raffaello abbia contribuito alla sua realizzazione. Le due facce del gonfalone hanno lo stesso soggetto, ma differenze rilevanti di carattere artistico e cromatico. A rendere più fitto il mistero sull'attribuzione raffaellesca contribuì uno studio durato tre anni i cui risultati furono presentati nel 2004 dalla storica dell'arte della Soprintendenza di Perugia, Giordana Benazzi, e dal direttore dell'Ufficio beni culturali della diocesi di Gubbio, Paolo Salciarini, allora un particolare trigramma che, evidenziava una R e una V, tracciate ripetutamente sul piviale indossato dal vescovo e patrono di Gubbio, sant'Ubaldo. Un esame accurato del paleografo Massimiliano Bassetti invitava a interpretare il monogramma con l'espressione "Raphael Urbinas". Sarebbe, dunque, una vera e propria firma del maestro urbinate.
"Per uno storico dell'arte - afferma Luca Tomio storico dell’arte milanese ormai umbro di adozione - trovarsi di fronte a un'opera come questa, ancora in fase di restauro, e vedere come piano piano emergono gli aspetti originari, è davvero emozionante. Sotto ai nostri occhi - continua lo storico dell'arte - si materializza il percorso di Raffaello tra Urbino e l'Umbria. Non è un caso, dunque, che lo stendardo si trovi a Gubbio. La città ora è in Umbria, ma un tempo era nel Ducato dei Montefeltro. E, tra l'altro, questo gonfalone è stato realizzato per la Confraternita del Corpus Domini, della quale faceva parte anche Giovanni Santi, il padre di Raffaello. Dunque, un ambito non solo familiare, dal punto di vista artistico, ma anche legato alle committenze. Sul gonfalone noi vediamo la mano del giovane Raffaello, con molta probabilità a un'età di 15-16 anni. E, seguendo il restauro, possiamo via via percepire quelli che sono stati i passaggi di un'opera corale della bottega di Giovanni Santi, ma anche dello stesso Raffaello e del suo pennello".
Su richiesta della direzione del Museo diocesano di Gubbio e all'interessamento del comandante del Nucleo tutela patrimonio culturale di Perugia, Luca Tomio è arrivato a Gubbio nei giorni scorsi per vedere lo stato del dipinto, insieme a Marcello Castrichini, autorevole restauratore di Todi. Insieme hanno potuto vedere lo stendardo della Confraternita eugubina del Corpus Domini, è sono convinti che si tratti di un'opera della bottega urbinate, nella quale si può apprezzare anche la mano di un giovane Raffaello, tanto che hanno deciso di inserire l'opera nel documentario televisivo in fase di ultimazione. "Il restauro conservativo in corso è ineccepibile, oggi è raro vederne di questo livello», commenta Castrichini davanti al gonfalone. "Ci troviamo di fronte a un'opera particolarmente danneggiata - continua il restauratore tuderte - ma tutti gli stendardi antichi purtroppo lo sono, visto il loro uso. Malgrado ciò viene fuori una evidente impostazione della pittura dell'ambiente marchigiano della bottega di Santi. Emerge anche che abbiano partecipato più mani, più pittori. Per questo troviamo dei particolari più eccelsi e più vicini a Raffaello, accanto a dettagli di livello inferiore, ma questo in una bottega è normale". "Finalmente - afferma il direttore del Museo diocesano di Gubbio, mons. Pietro Vispi - dopo molti anni di stasi e di fermo, il lavoro di restauro comincia a far leggere bene fino a che punto è intervenuto il giovane Raffaello in questo dipinto. È un interesse di tutta la diocesi, soprattutto per la storia dell'arte cittadina e ci auguriamo che questa data ormai imminente dell'anniversario della morte di Raffaello possa segnare per la città la nascita della sua presenza accertata qui. Presenza che emerge con chiarezza secondo gli storici dell'arte che la stanno vedendo e la stanno leggendo ultimamente".