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  •  15/06/2020
Federico Maria Santilli

“Gli Etruschi e il MANN”, così si intitola la nuova mostra allestita presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, uno fra i primi musei in Italia a inaugurare una mostra inedita dopo la fine del lockdown. Aperta al pubblico lo scorso venerdì, l'esposizione comprende 600 reperti, di cui 200 non sono mai stati visibili prima d'ora, che danno vita a un percorso d'indagine articolato su sei secoli (dal X al IV secolo a.C.), che cerca di ricostruire le fondamenta storiche della popolazione etrusca, la cui grandezza derivava anche dal controllo delle risorse di due fertilissime pianure, quella padana nel Nord e quella campana nel Sud Italia. “Consideriamoli quasi come dei cowboy - spiega Paolo Giulierini, direttore del MANN e curatore dell'esposizione con Valentino Nizzo (direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia) - Partendo probabilmente dall'Umbria, raggiunsero le pianure campane e le dominarono per diversi secoli, intrecciando legami culturali, commerciali e artistici molto stretti con gli altri popoli italici e i Greci”. Una parte dei reperti proviene direttamente dai depositi del MANN, mentre altre opere sono state concesse in prestito dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. La mostra sarà visitabile fino al 31 maggio 2021 e poi, eccetto i materiali prestati dal Museo di Villa Giulia, farà parte della collezione permanente del MANN.

L'esposizione è divisa in due sezioni, la prima è dedicata alle attività degli Etruschi in Campania, mentre la seconda è incentrata sulle diverse collezioni acquisite dal MANN a partire dal XIX secolo. Tra i reperti più significativi nella prima sezione c'è la tomba 104 Artiaco di Cuma, risalente alla fine dell’VIII secolo a.C., in cui il rituale corredo greco è più che arricchito da raffinati manufatti etruschi, fra i quali un affibbiaglio a spranghe in oro e argento - restaurato per l'occasione - decorato con quattro caratteristiche sfingi orientali; un' eccezionale testimonianza del melting pot culturale risultato dei rapporti con gli insediamenti dei Greci nel periodo definito dagli studiosi “orientaleggiante”. Questo corredo dialoga “a stretto contatto” con un altro corredo, quello quasi completo della celeberrima tomba Bernardini di Palestrina, databile 675-650 a.C., in prestito dal Museo di Villa Giulia, una tra le sepolture più ricche che il mondo antico abbia restituito. Altri reperti visibili in questa sezione sono quelli della tomba 201 di Calatia, l'antica Maddaloni, sepoltura di una donna aristocratica vissuta nel pieno periodo orientaleggiante; materiali che arrivano dalla necropoli di Cales nell'attuale territorio di Calvi Risorta; reperti da Capua; oggetti da Suessula (Acerra), tra cui un pendaglio pettorale in bronzo laminato con pendenti in bronzo fuso dell'VIII secolo a.C. restaurato e ricomposto proprio in occasione della mostra. Nella seconda sezione è invece possibile ammirare lo splendido “Bronzetto dell'offerente dell'Elba”, primo reperto etrusco arrivato al MANN, ritrovato nel 1764 e donato a Carlo III di Borbone, o ancora la raccolta Borgiana, acquisita nel 1815, ovvero un gruppo di reperti rinvenuto nell'agro romano nel 1696 che comprendeva materiali originali e falsi e che poi finì nella collezione del cardinale Stefano Borgia.

L'allestimento della mostra è stato curato da Andrea Mandara, il progetto grafico da Francesca Pavese. Il coordinamento è di Emanuela Santaniello, mentre l'organizzazione è stata affidata a Electa, con il sostegno della Regione Campania.


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