Foto: 1) e 2) la mostra; 3) Michelangelo Merisi detto il Caravaggio Ragazzo morso da un ramarro, 1597 circa. Olio su tela, 65,8 x 52,3 cm Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi; 4) Mattia Preti Susanna e i vecchioni 1656-1659 circa. Olio su tela, cm. 120 x 170. Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi
Si tenne nel 1951 a Palazzo Reale di Milano, che da allora è diventato la sede tradizionale delle esposizioni in città, la prima grande mostra di Caravaggio e dei Caravaggeschi. Venti sale al piano nobile dedicate in particolare a Caravaggio (44 opere in 6 sale), ai Caravaggeschi (11 sale) e ai precedenti di Caravaggio (3 sale). Una mostra leggendaria per la qualità della proposta, per la quantità dei dipinti, per il successo strepitoso di pubblico, oltre 400 mila visitatori, un numero impensabile fino a quel momento. Un evento che avrebbe avviato la travolgente fortuna dell’artista, diventato un’icona del nostro tempo. Responsabile di questa passione irrefrenabile per Caravaggio, fra i pittori meno conosciuti allora, una specie di mania che non risparmierà nessuno, fu il curatore della rassegna Roberto Longhi (1890 – 1970) storico dell’arte, raffinato studioso dell’artista fin dalla sua tesi di laurea discussa nel 1911 a 21 anni con Pietro Toesca. individuando nel mondo culturale lombardo il suo ambiente di formazione. Longhi intuì la forza dirompente del realismo di Caravaggio, riconoscendo in lui il primo pittore della modernità. E a Caravaggio e agli artisti del suo tempo ha dedicato un’intera vita di studi. Fondamentale nel ‘52 la monografia “Il Caravaggio”.
Programmata per il 12 marzo nel cinquantenario della scomparsa di Longhi e rinviata per motivi sanitari, la mostra “Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi” ha finalmente aperto i battenti il 16 giugno (fino al 13 settembre) a Palazzo Caffarelli ai Musei Capitolini, nel rispetto delle norme di sicurezza. Organizzata da Civita Mostre e Musei e da Zetema Progetto Cultura , curata da Maria Cristina Bandera (catalogo Marsilio Editori), presenta 46 opere di grande pittura che fanno parte della “raccolta” (non collezione come diceva), di Roberto Longhi che oltre a essere uno dei massimi storici dell’arte del ‘900 è stato un finissimo collezionista che amava approfondire le sue indagini studiando concretamente sulle opere e comprandole. Tanto da riuscire a formare una collezione “di studio” comprendente circa 250 pezzi che rispecchiano lo svolgimento delle sue ricerche. Un tesoro d’arte e di storia di opere di Caravaggio e della sua “cerchia” (non scuola perchè non ebbe maestri nè discepoli) conservato nella villa fiorentina “Il Tasso” dalla Fondazione a lui intitolata costituita nel 1971 e presieduta dalla professoressa Bandera.
Si scorge, scendendo i pochi gradini, in fondo nell’oscurità della saletta prospiciente l’ingresso “Ragazzo morso da un ramarro” di Caravaggio, emblema della mostra. Colpisce la smorfia di dolore del volto, quel ritrarsi della mano ferita, la spalla scoperta e lo splendido brano di natura morta con le trasparenze dell’acqua. Il piccolo olio che è datato agli anni fra il 1596 e il 1597, l’inizio del primo soggiorno romano del pittore , venne comprato da Longhi per una cifra modesta alla fine degli anni venti. Il dipinto è noto in due esemplari, entrambi autografi. L’altro si trova alla National Gallery di Londra. E’ dal punto di vista mediatico l’attrattiva principe della rassegna, che si contraddistingue per una qualità altissima. Del resto sarebbe impossibile il contrario. Tutte le opere in mostra sono state scelte da Longhi in persona. Nella saletta d’ingresso, di fianco, un disegno a carboncino firmato e datato 1930 da Longhi che si cimenta con lo stesso tema e “Ragazzo che monda un frutto”, una copia da Caravaggio della fine del XVI secolo di un originale perduto. Considerata da Longhi una “reliquia”, tanto importante che volle esporla nella mostra del ’51 a Milano. Sull’altro lato quattro tavolette di Lorenzo Lotto, due santi domenicani e due dolenti e due dipinti di Battista del Moro e Bartolomeo Passarotti a significare il clima artistico del manierismo lombardo e veneto in cui il pittore si è formato prima di giungere a Roma.
Un avvio strepitoso che lascia intuire ciò che segue in un alternarsi di sapienti scorci e punti di vista di sala in sala. Sulla parete di fondo si staglia la grande “Negazione di Pietro” , capolavoro di Valentin de Boulogne, un pittore che ebbe un ruolo fondamentale nel caravaggismo in tutta Europa, precisa Bandera. Un’opera che è entrata in collezione Longhi fra le ultime, a lungo desiderata, esposta anche a Milano e recentemente al Metropolitan di New York e al Louvre. Un dipinto ritenuto capitale nel percorso del pittore francese presente a Roma nel secondo decennio del ‘600, la cui ambientazione richiama la “Vocazione di san Matteo” di Caravaggio di San Luigi dei Francesi.
A seguire la serie degli Apostoli di Ribera tra i primi acquisti del critico nel ’21 anche per il tramite della futura moglie la scrittrice Anna Banti (vero nome Lucia Lopresti) e la drammatica e forte “Deposizione di Cristo” del napoletano Battistello Caracciolo, uno dei primi artisti meridionali pronto a convertirsi al nuovo linguaggio di Caravaggio. In mostra di Carlo Saraceni tre opere in Collezione Longhi. Fra queste si segnala il” Ritrovamento di Mosé” con un bellissimo brano di paesaggio che rimanda alla sua origine veneta e di Angelo Caroselli “Giuditta con la testa di Oloferne” dal forte luminismo scenografico.
Un nucleo molto importante della Collezione Longhi è rappresentato da artisti fiamminghi e olandesi che assimilano la lezione di Caravaggio e la diffondono nei loro paesi d’origine. Come Gerrit van Honthorst (italianizzato in Gherardo delle Notti) di cui è in mostra “Monaco che legge” dalla caratteristica illuminazione artificiale a lume di candela. E’ di Dirck van Baburen (che giunse a Roma giovanissimo rimanendovi parecchi anni decorando anche una cappella di San Pietro in Montorio), la “Cattura di Cristo con l’episodio di Malco” del 1616 – 1617 (ancora con la sua cornici originale) con l’apostolo che taglia l’orecchio al servitore del sommo sacerdote. Altro grande artista delle Fiandre che lega la cultura di partenza al caravaggismo e alla pittura italiana è Matthias Stom (Stomer) che predilige visioni notturne illuminate dalla luce artificiale. Come nei due due dipinti “Annuncio della nascita di Sansone a Manoach e alla Moglie” dall’intensa luminosità metafora della luce divina e nella monumentale tela con la “Guarigione di Tobit”.
Fanno parte della raccolta Longhi anche alcuni dipinti di maestri anonimi come il Maestro dell’Emmaus di Pau (noto per la “Cena in Emmaus” del Musée des Beaux-Arts di Pau) di cui è in mostra “San Girolamo”dal forte realismo. E’ del Maestro dell’Annuncio ai pastori, attivo a Napoli nella prima metà del Seicento, una grande e dolce “Adorazione dei pastori”. Fanno parte della rassegna anche due paesaggi. Di Filippo di Liagno detto Filippo Napoletano, attivo al tempo di papa Sisto V, un piccolo olio scenografico su lavagna”Bivacco notturno al chiaro di luna”. E’ un regalo a Longhi da parte di Giovanni Testori, ma aveva una diversa attribuzione. L’altro paesaggio è la “Torre di San Vincenzo a Napoli”. E’ un dipinto che descrive con acutezza e piacere “un tardo pomeriggio dorato nel porto di Napoli presso la darsena” di Viviano Codazzi, molto attivo a Napoli e a Roma in contatto con i bamboccianti.
Infine Mattia Preti, il “cavaliere calabrese”, il “terzo tra i geni pittorici del Seicento italiano”, dopo Caravaggio e Battistello Caracciolo, secondo la definizione di Longhi. Dell’autore degli affreschi con le “Storie di sant’Andrea” in Sant’Andrea della Valle a Roma sono in mostra due dipinti. In “Concerto a tre figure”, un tema che rimanda ai musici di Caravaggio. L’incarnato verdognolo che ne sfigura la bellezza è dovuto all’assottigliamento degli strati pittorici causati da una pulitura troppo energica. Un problema che fortunatamente non esiste per l’altra opera in mostra “Susanna e i vecchioni”, un capolavoro in cui all’eredità caravaggesca si affianca il nuovo vocabolario barocco. Il dipinto si presenta in ottimo stato di conservazione grazie alla pulitura effettuata da Mario Modestini, che tolse le ridipinture che coprivano il nudo senza toccare lo strato pittorico. Dell’intervento scrive Federico Zeri che ne fu testimone.
Musei Capitolini - Palazzo Caffarelli - Piazza del Campidoglio. Orario : tutti i giorni 9.30 – 19.30. Preacquisto obbligatorio online: www.museicapitolini.org; www.museiicomune.it Ingresso gratuito per i possessori “MIC Card” previa prenotazione obbligatoria e gratuita al numero 060608. Misurazione della temperatura, mascherina obbligatoria, distanza di sicurezza.