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  •  26/02/2021
Lorenzo Maria Lucenti

6 mila anni di storia riportati alla luce dagli scavi archeologici nella “Pompei D’Oriente”. Sono state presentate a Lecce qualche giorno fa le nuove scoperte realizzate dalle ricerche italo-iraniane nell’antica città di Shahr-i Sokhta, sito nella provincia orientale dell’Iran Sistan-va-Baluchistan, iscritto nell’UNESCO World Heritage List. Le novità, tra le quali spicca i risultati della datazione realizzata con il metodo del carbonio-14, sono state raccolte in un libro.

Perché venga chiamata “Pomei D’Oriente” lo si capisce vedendola. La città era totalmente sommersa dalla sabbia, così come Pompei dalla lava. Sono ancora ignari i motivi della sua scomparsa, alcuni studiosi pensano sia stato per colpa dei cambiamenti climatici, ma siamo sicuri che non sia stata colpa di un’eruzione vulcanica.

La città bruciata, questa è la traduzione dall’arabo. Una città che era tutt’altro che “bruciata”. Era un punto focale per il commercio, soprattutto per il suo confinare con Pakistan e Afghanistan; una grande città che si estendeva per oltre 200 ettari.

Shahr-i Sokhta viene collegata alla letteratura sumerica, in particolare ai testi che si riferiscono alla I Dinastia di Uruk (Uruk è il nome antico di As-Samawah, città situata in Iraq), in cui regnava Gilgamesh.

Tra le tavole sumeriche, nella 9, viene raccontato di un Diluvio, è il re Atra?asis che ne parla a Gilgamesh. Una storia che parla di dinastie spezzate, immortalità e discesa dal cielo. Qui, però, viene citata la città di Aratta, che dovrebbe coincidere con Shahr-i Sokhta.

Lì Aratta viene descritta come una città ricca, piena di regalie e innumerevoli materiali preziosi.

Da cinque anni l’Università di Salento, nello specifico il Dipartimento di beni culturali, ha avviato il progetto Maips (Multidisciplinary Archaeological Italian Project at Shahr-i Soktha), coordinato dal professore Giuseppe Ceraudo, che ha l’obiettivo di studiare il sito.

Ad oggi, gli scavi nella città hanno rivelato solo una piccola porzione. Circa il 5% di 300 ettari. Ma ciò è bastato per scoprire molto. Queste scoperte, come detto, sono state raccolte in un unico volume intitolato “Scavi e ricerche a Shahr-i Sokhta (Studies and publications Institute, Pishin Pajouh, Tehran)”. Il libro è stato curato dal direttore del progetto Maips Enrico Ascalone dell'Università di Göttingen e da Seyyed Mansur Seyyed Sajjadi dell'Iranian Center for Archaeological Research, direttore del progetto archeologico di Shahr-i Sokhta e Dahan-ye Qolaman.

Gli studi hanno dimostrato che la città era abitata da vari clan che coabitavano, probabilmente per la prosperità della città stessa. Un perfetto equilibrio dettato anche da una sorta di regimi interni adattati dai clan.

Sono state riportate alla luce anche delle proto-tavolette in argilla, che devono ancora essere decifrate. Queste tavolette, si presume, che venissero usate per registrazioni contabili.

Tra le altre cose, è di notevole importanza quella relativa alla datazione della città. I dati raccolti, infatti, dimostrano che la cronologia della città è errata e alzano la vita dell’abitato di circa 3 o 4 secoli circa.

L’evento di presentazione ha visto la presenza, oltre che di figure di spicco dell’UniSalento come il rettore Fabio Pollice, il direttore della Scuola di specializzazione in Beni archeologici “Dinu Adamesteanu” Gianluca Tagliamone e il direttore del Dip. Beni culturali Raffaele Casciaro, anche dell’Ambasciatore italiano nella Repubblica Islamica dell’Iran Giuseppe Perrone e del suo omologo iraniano in Italia Hamid Bayat.

"Italia e Iran – ha affermato l’Amb. Perrone, durante l’evento all’Università - sono due importanti civiltà e la loro eredità è quella che ci fa essere così speciali".


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