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  •  03/08/2022
Laura Gigliotti

Foto: 1) Immagine guida della mostra; 2) Ritratto di personaggio femminile (“Dama Fonseca”), Roma, Musei Capitolini, inv. 434, marmo: © Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali (foto Zeno Colantoni); 3) Testa di Domiziano, Ostia, Parco Archeologico di Ostia inv. 19, marmo: Archivio Fotografico del Parco archeologico di Ostia antica; 4) 1. Moneta con busto di Domiziano eraso, Amsterdam, Nationale Numismatische Collectie, De Nederlandsche Bank inv. DNB-30723, bronzo: De Nederlandsche Bank.


Fa appello a due sentimenti forti   e contrastanti, l’odio e l’amore, la mostra che i  Musei Capitolini dedicano all’imperatore Tito Flavio Domiziano (51 - 96 d. C.), il terzo e ultimo dinasta della  Gens Flavia. Odio verso colui che viene percepito come il tiranno dagli storici contemporanei a lui avversi e amore per l’imperatore attento alla buona amministrazione e al rapporto con l’esercito e con il popolo, che è devoto agli dei e riformatore della moralità degli uomini. Una figura complessa che le più recenti ricerche epigrafiche ridefiniscono nella sua vera essenza non compresa dai contemporanei e tanto meno dai posteri annebbiati dalla visione negativa che ebbe il sopravvento sulla verità dei fatti fino al maturare di quel clima di sospetti, di terrore e condanne a morte che sarebbe sfociato nella congiura in cui perse la vita nel 96 d. C., quindi nella successiva “damnatio memoriae” che insieme a lui condannò tutto ciò che lo poteva ricordare, monumenti, statue che lo ritraevano e la cancellazione di epigrafi e iscrizioni pubbliche che ricordavano le sue imprese.

Arrivato al potere a trent’anni, molto più giovane del fratello Tito passato alla storia come ”delizia de. genere umano” e del padre il grande Vespasiano.

“Domiziano fu di alta statura, di volto modesto e arrossato, di occhi grandi”  così descrive Svetonio uno degli imperatori più controversi della storia, certamente migliore della pessima fama che lo ha sempre accompagnato. E che la mostra curata da Maria Paola Del Moro, Massimiliano  Munzi e Claudio Parise Presicce (tornato ai vertici della Sovrintendenza Capitolina), cerca ora di restituire alla sua giusta dimensione, superando la visione stereotipata di Domiziano come “dominus et deus”.  La mostra romana è coprodotta dalla Sovrintedenza  Capitolina ai Beni Culturali e dal Rijksmuseum van Oudheden della città olandese di Leiden dove da dicembre ’21 a maggio scorso si è tenuta una rassegna dedicata allo stesso tema intitolata “God on Earth. Emperor Domitian”.

L’esposizione romana (con prestiti provenienti anche dall’Olanda,  in regime di reciprocità), è ospitata  a Villa Caffarelli (inaugurata con “I marmi Torlonia”) cui si accede dall’Esedra di Marco Aurelio. Si tratta di spazi di grande fascino storico archeologico, se è vero  come è vero che è stata edificata sui resti del Tempio di Giove Capitolino che proprio l’imperatore Domiziano ebbe il merito di restaurare lussuosamente  dopo l’incendio dell’80 d. C.

Ma veniamo all’esposizione forte di oltre cento pezzi, 58 vengono da Leiden, ma vi sono anche prestiti nazionale e internazionali (da Napoli, dai Vaticani, dal British, dal Louvre…), esposti in 15 sale (meglio definirli ambienti vista la dimensione di alcuni), che si sviluppano in cinque grandi tematiche: Domiziano imperatore e caro agli Dei, l’esaltazione della Gens Flavia e la propaganda dinastica, i luoghi privati di Domiziano, dalla casa privata sul Quirinale al Palazzo Imperiale sul Palatino e alla villa di Albano, l’intensa attività costruttiva a Roma, l’impero protetto dall’esercito  e retto dalla buona amministrazione. L’allestimento molto essenziale  gioca sui colori blu e oro su cui risalta il bianco del marmo. Fin dall’apertura con quel “Ritratto dell’imperatore Domiziano”in marmo pentelico che viene dall’Esquilino. Fu ritrovato in via Principe Amedeo ed oggi è conservato ai Musei Capitolini.

S’inizia proprio con la vita di Domiziano che non ebbe eredi, l’unico figlio morì piccolissimo (la mortalità  infantile a Roma era molto elevata) e dal colle del Quirinale, là dove la Gens Flavia ha origine. Era qui la casa di Vespasiano, qui è nato Domiziano, qui è stata ritrovata la fistula acquaria col suo nome, in mostra.  Tra i ritrovamenti più significativi, gli affreschi con architetture fantastiche trovati nel ‘33 durante la costruzione della Caserma dei Vigili del Fuoco.

La mostra prende in esame  gli elementi significativi dell’operato di Domiziano imperatore. A lui si deve la costruzione del Foro di Nerva fra l’85 e il 95 d. C. e la sacralizzazione del tempio maggiore del Campidoglio, il luogo fondativo di Roma. Domiziano viene ricordato anche come costruttore di archi trionfali  e onorari. Come l’Arco di Tito nel Circo Massimo. Erano così tanti che qualcuno ci scrisse in greco “basta”, ricorda Svetonio. Sul rilievo del Mausoleo degli Haterii (in prestito dai Vaticani) compaiono l’Anfiteatro, l’arco in summa sacra via, l’arco di accesso all’Iseo Campense e un arco a un solo fornice non identificato.

Il nome di Domiziano torna prepotente quando si parla di luoghi di spettacolo. I luoghi del consenso come l’Odeon e lo Stadio,  giunti fino a noi. Si pensi allo splendido invaso di Piazza Navona. Si va dall’Anfiteatro Flavio, superbo esempio del potere imperiale, costruito da Vespasiano, inaugurato da Tito e completato da Domiziano. al  perduto Templum Gentis Flaviae sul colle del Quirinale, che ospitava le ceneri di Tito e Vespasiano, presso la casa natale della famiglia. In mostra alcuni pezzi donati al Museo Nazionale Romano dal professor Paul Hartwig  che li aveva acquistati sul mercato. Vennero rinvenuti durante i lavori per la sistemazione di piazza della Repubblica nel 1901

Domiziano viene ricordato anche come costruttore di strade  e di edifici fuori Roma. A Ostia  ampliò il porto, per collegare meglio Roma con Pozzuoli realizzò la via Domitiana, ricordata da Cassio Dione e da Stazio. Restaurò anche la via Latina e promosse lavori sulle strade della Betica, in Egitto e nelle provincie asiatiche. Lavori pubblici anche a Rimini, in Sardegna e lungo il Limes Germanicus. Devoto a Iside le costruì un tempio in Campo Marzio e uno grandioso a Benevento.

Una sezione della mostra è dedicata  alla famiglia dell’imperatore, oltre al padre Vespasiano e al fratello Tito, alle due Auguste, la moglie Domizia Longina  e Giulia figlia di Tito nonché amante di Domiziano. 

Ed ecco una carrellata di elaborate acconciature del tempo dei Flavi. Una serie di dame, una più elegante dell’altra, sfoggiano riccioli di tutti i tipi, perfetti, bellissimi, che si possono vedere  a tutto tondo grazie a un sapiente gioco di specchi. La più elegante? Forse il così detto Busto Fonseca.    

Villa Caffarelli – Musei Capitolini. Orario: 9.30 – 19.30, fino al 19 gennaio 2023. Informazioni: 060608, www.zetema.it; www.museicapitolini.org; www.museiincomune.it



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