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  •  23/11/2019
Laura Gigliotti

Foto: 1) IL 6 MOTORI SU Monti-mare, 1934  olio su tela, 54x73cm; 2)  Sensazioni di volo terzo tempo, 1929  olio su tela, 54,5 x 60 cm; 3)  Caproni 100 in acrobazia, 1928/29  Tempera su carta kraft, cm 74x74; 4)  Avvitamento, 1930  Tempera su carta kraft, cm 58x74,5 

E’ una mostra particolare, aperta per un tempo brevissimo, dal 21 novembre al 6 dicembre, in un luogo particolare, l’ex  Convento delle Benedettine di Vicolo Valdina. Una personale di un solo artista, il futurista Tato, come si rinominò, considerato l’inventore dell’aereopittuta. Nato a Bologna  nel 1896, morto a Roma nel 1974, appartiene  al cosiddetto “secondo futurismo”. Dopo le vicende fondative degli anni dieci – venti, non si tratta più di una sfida a un presente “passatista” in nome di un’anticipazione di futuro, ma di saper rispondere al confronto  con un presente ormai “avanzato” da interpretare più che scavalcare, annotava Enrico Crispolti nel poderoso catalogo della mostra sul Futurismo al Palazzo delle Esposizioni nel 2001. Una diversa realtà che implica “nuove condizioni di visione, nuove emozioni, nuovi traguardi immaginativi”. 

Nel famoso Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, pubblicato come fondo sul quotidiano parigino “Le Figaro” il 20 febbraio 1909, sono passati in rassegna tutti gli elementi di contestazione della società tradizionale e dei suoi valori con l’implicito slancio verso la modernità e il futuro.  Esaltazione del ”pericolo”, inno alla “bellezza della velocità”, glorificazione della guerra “sola igiene del mondo”, invito a “distruggere i musei, le biblioteche, le accademie di ogni specie”, elogio dei piroscafi, delle locomotive, degli aeroplani. Sono  fra i capisaldi del Futurismo come atteggiamento verso la vita.  Era il primo movimento di opinione lanciato con moderni criteri pubblicitari, secondo una precisa strategia. Lo stesso Carlo Carrà, uno dei primi compagni di strada di Marinetti, diceva che in lui era sviluppatissimo il lato “reclamistico”.

Dopo l’arte meccanica degli anni Venti nascono nuove avanguardie, “l’aeropittura”, l’”areoscultura”, l’”architettura aerea” e l”aeropoesia”. E’ il tempo delle  prospettive aeree e delle macchine volanti.  Al dinamismo della macchina che ispira la fase eroica del movimento si sostituisce il dinamismo riferito al volo, alla visione dall’alto. Le nuove dimensioni dilatate, distorte, ribaltate del paesaggio visto da un’altra angolatura aprono nuove visioni artistiche, nuovi orizzonti. 

Fondamentale per Tato l’incontro con Marinetti nel ‘19, giusto cento anni fa. L’artista aveva appena 23 anni, un incontro desiderato che gli cambiò la vita  e anche il nome. Poco dopo infatti, il pittore celebrò con tanto di necrologio sul giornale il funerale di Guglielmo Sansoni per  rinascere con il nome di Tato. E fonda un gruppo futurista a Bologna, dove nel ’22 organizza una mostra d’arte futurista, quindi si trasferisce a Roma dove nel’25 tiene una personale alla Casa d’Arte Bragaglia e apre una casa d’arte futurista nella sua casa. Nel ’31 la pubblicazione  del Manifesto ”Prospettive del volo e areopittuta” sottoscritto da Marinetti, Mino Somenzi, Gerardo Dottori, lo stesso Tato ed altri.         

Subito dopo viene organizzata da Tato una mostra alla Camerata degli artisti di Piazza di Spagna con opere di Prampolini, Somenzi, Dottori, Fillia, Balla, Benedetta, Oriani, Diulgheroff. Il giornale della domenica (in mostra), datato 1-2 febbraio 1931 titolava : “La prima affermazione nel mondo di una nuova arte italiana: l’Aeropittura”, con sottotitolo “Un  manifesto di Marinetti” e la sua firma riprodotta. Seguono altri Manifesti, la Quadriennale di Roma e la partecipazione alle principali mostre futuriste degli anni Trenta.

Le opere di Tato, una trentina fra oli su tela, tempere su carta, dipinti su ceramica, tavolette, più foto, libri, ritagli di giornali  hanno come protagonista assoluto il volo, l’aereo, il mezzo meccanico,  che più di ogni altra cosa esprimeva il senso del dinamismo, della velocità, della libertà in un’epoca di trasvolate atlantiche. Una passione per il volo alimentata dall’ammirazione per Balbo, per Nobile, per le imprese della tecnologia e dell’Aeronautica italiana. E dalla possibilità di vedere la realtà da un alt ro punto di vista. Sono immagini degli aerei Caproni, del Dirigibile Italia al Polo Nord, di subitanei avvitamenti, di passaggi aerei che sembrano rasentare i monumenti, di stormi, di lanci col paracadute, di paesaggi sconosciuti, di inimmaginabili stadi di calcio, del Golfo di La Spezia, di Sabaudia. O di “spiralate”. Come il famoso olio del ’30 “Sorvolando in spirale il Colosseo”, presentato la prima volta alla XVIII Biennale di Venezia del ’32. Nel 2014 era alla mostra sul Futurismo del Gugghenheim Museum di New York di cui è in vista il catalogo. Le opere  sono esposte nella sala del Cenacolo in confronto ravvicinato con il grande affresco dell’Ultima cena da un lato e  con “Cristo in casa di Marta e Maria” dall’altro di Sebastiano Conca. E’ il refettorio del monastero delle Benedettine di Santa Maria in Campo Marzio. Un numero minore di opere, tutte dedicate agli idrovolanti, si trovano nella Sacrestia della Chiesa di San Gregorio Nazianzeno, di cui si intravvedono gli affreschi, costruita nell’VIII secolo sui resti di un edificio romano. E’ dedicata a un santo della Cappadocia, venerato come dottore della chiesa, ed era collegata al monastero e alla vicina Chiesa di Santa Maria in Campomarzio. Sconsacrata dopo il 1870 è tornata ad essere edificio di culto come cappella dei deputati. Traversando il chiostro per raggiungere la sagrestia, che ha al centro un’armoniosa fontana cinquecentesca alimentata dall’ ”Aqua Virgo”, quella della Fontana di Trevi, si viene attratti dal bel campanile romanico dalle leggere trifore che svetta fra i tetti.

I dipinti della rassegna vengono da un unico fondo, la collezione privata del Generale Salvatore Ventura, che ne possiede 140, oltre a numerose opere di futuristi come Balla e Prampolini.  Un “collezionismo affettuoso che ha evitato la dispersione delle sue opere” scriveva Maria Fede Caproni, figlia del pioniere dell’aeronautica Gianni Caproni. “Allo stato attuale delle ricerche, la figura di Tato va letta ormai a tutto campo”, precisa in catalogo (Palombi Editori) il collezionista, mecenate,  studioso, nonché amico dell’artista che ha curato la rassegna con il coordinamento di Coenelia Buijn. “Infatti – prosegue - egli è pittore, scultore, scrittore, saggista, affreschista, ceramista, arredatore pubblicitario, scenografo, fotografo futurista”. Un impegno totale che si sviluppa nell’arco di 60 anni, una personalità complessa che ha avuto rapporti strettissimi con esponenti chiave del futurismo. Un  personaggio ancora da indagare attraverso i documenti, i carteggi, le memorie, gli appunti. Lo stesso libro “Tato racconTato da Tato” del ’41 non chiarisce a pieno tutte le sue sfaccettature.  Certo fu un uomo libero, originale, pieno di estro, di fantasia, un vero artista ma anche un organizzatore di clamorose manifestazioni futuriste.

Roma, Camera dei Deputati, Palazzo Valdina Piazza in Campo Marzio, 42. Orario: dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 18.00, ultimo ingresso ore 17.30. Ingresso libero. Chiuso sabato e domenica. Fino al 6 dicembre 2019. Informazioni: tel. 06-67601 e www.


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