(Foto: resti del tempio. Credit: Università di Pisa)
Di particolari inediti si arricchiscono le scoperte fatte nel sito archeologico di Luni, in provincia di La Spezia, nel corso delle ultime campagne di scavo condotte dall’Università di Pisa.
All'inizio dello scorso ottobre era stato rinvenuto nel quartiere di Porta Marina un tempio risalente alla seconda metà del I secolo d.C., testimonianza della colonia romana di Luna fondata nel 177 a.C., che si affaccia proprio sul cardo maximus, la strada principale della città con andamento nord-sud, e sorge all'interno di quella che si pensava fosse soltanto una “semplice” domus. Purtroppo l'alto podio su cui venne costruito è andato completamente perduto ma, considerando le fondazioni dei vani di servizio al di sotto della cella e del pronao, gli archeologi sono riusciti a ricostruire la pianta dell'edificio, che risulta essere a cella unica quadrangolare e appare simile a quella di altri templi dell'epoca presenti nella stessa Luni, come, ad esempio, quello di Diana. Simonetta Menchelli, docente dell'Università di Pisa e coordinatrice degli scavi ha inoltre affermato che “nella prossima campagna nel 2020, l'obiettivo sarà di portare alla luce i resti della scalinata di accesso al tempio, al quale si arrivava appunto dal cardo maximus”.
Oltre al tempio, le campagne di scavo condotte a Luni dal rinomato ateneo toscano hanno permesso di individuare anche due domus del II secolo a.C., una nella parte meridionale del sito archeologico e una in quella settentrionale. Nella domus meridionale gli scavi hanno rinvenuto parte di un vasto peristilio pavimentato con un conglomerato cementizio marmoreo, nelle cui vicinanze doveva esserci una fontana, e/o delle volte o delle pareti decorate con conchiglie, come si deduce dai numerosi molluschi marini bivalvi ritrovati incastonati nella malta. “Erano decorazioni comuni nelle domus di prestigio a partire dal I secolo a.C. - ha spiegato la professoressa Menchelli - per arricchire le case con elementi naturali connessi con l'ambiente acquatico, ma anche con funzione simbolica, essendo le conchiglie considerate simbolo di prosperità e fecondità”. Per quanto riguarda la seconda domus più a settentrione, la struttura fu occupata da un impianto per il lavaggio di pellami e tessuti e su questo, alla fine del VI secolo d.C., fu costruita una casa, di cui sono stati scavati due ambienti, uno con un focolare al centro, ed un cortile esterno. L'area continuò quindi ad essere occupata sino alla fine del VII e l'inizio dell'VIII secolo d.C. e i suoi abitanti dovevano avere un elevato tenore di vita, come rivelano le anfore ritrovate che contengono derrate alimentari provenienti da tutto il Mediterraneo (Campania, Tunisia/Algeria, Grecia, Turchia e area siro-palestinese).
Le campagne di scavo a Luni dell'Università di Pisa sono svolte in regime di concessione da parte della Soprintendenza Archeologica Liguria e in sinergia con il Museo Archeologico Nazionale di Luni ed il Comune di Luni. Alle attività sul campo, oltre agli studenti dell'ateneo toscano, dell'Istituto Parentucelli Arzelà di Sarzana e del Liceo Costa di La Spezia, hanno preso parte anche il professor Stephen Carmody, della Troy University in Alabama, per la classificazione dei materiali paleobotanici recuperati mediante la flottazione degli strati archeologici, il professore Adriano Ribolini (Università di Pisa) per le indagini Ground Penetrating Radar volte ad individuare gli edifici sepolti nel settore meridionale della città, il professore Vincenzo Palleschi (Cnr di Pisa) per la modellazione delle strutture in 3D ed il dottor Younes Naime (Universtà di Pisa) per lo studio dei reperti archeozoologici.