Oggi la Commissione Affari Esteri, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge recanti “Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005”, svolgerà le seguenti audizioni: alle ore 10 Gianluca Grassigli, professore ordinario di archeologia classica presso l’Università degli Studi di Perugia; successivamente Maurizio Di Stefano, presidente emerito di Icomos Italia (International Council on Monuments and Sites). L'appuntamento trasmesso in diretta webtv sarà incentrato quindi su una promozione più ampia del patrimonio culturale.
Secondo i calcoli della nona edizione del Rapporto “Io sono cultura - l'Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” di Fondazione Symbola e Unioncamere, il sistema produttivo culturale italiano, tra imprese, pubblica amministrazione e non profit, vale quasi 96 miliardi di euro e attiva altri settori dell'economia, arrivando a muovere, nell'insieme, 265,4 miliardi, equivalenti al 16,9% del PIL. Nel 2018, tra l'altro, il valore aggiunto prodotto cresce del 2,9% rispetto all'anno prima, e così l'occupazione del settore (+1,5%). Ma l'Italia non sa quanto valgano i suoi tesori. Le norme per far funzionare in modo proficuo i musei statali ci sono. Ma non sembra esserci la cultura dei numeri: i dati di Ragioneria dello Stato, MEF e MiBACT sono sottostimati e non completi. Il risultato è una sottoutilizzazione del patrimonio culturale, con perdita di introiti e posti di lavoro potenziali. “Senza un monitoraggio costante dell’attività dei musei non è possibile immaginare un autofinanziamento” afferma Antonio Leo Tarasco, dirigente di punta della Direzione generale Musei, e autore del volume “Diritto e gestione del patrimonio culturale” dove sono raccolti preziosi dati su 570 musei statali. L'incaglio risiede nel fatto che la biglietteria rappresenta il 90% degli introiti museali poiché sponsorizzazioni, donazioni, servizi aggiuntivi e concessioni d'uso (spazi, diritti delle immagini, ecc.) rendono pochissimo. Addirittura si scopre nel libro di Tarasco i costi di gestione dell'Art Bonus, almeno per il MiBACT eguagliano o sono superiori alle donazioni ricevute e ai musei arrivano le briciole. La capacità di autofinanziamento è quindi tendente allo zero. Questo significa che il patrimonio culturale custodito nei musei e nelle aree archeologiche dello Stato rende nulla ma assorbe moltissimo. Tarasco parla di una vera e propria “spiritualizzazione” del patrimonio, che induce a tralasciare il dato economico e a non considerare che anche conti in ordine derivanti da una oculata gestione debbano avere un ruolo fondamentale nella discussione. “Paradossalmente, soltanto una riduzione dei finanziamenti pubblici al settore del patrimonio culturale potrebbe innescare una virtuosa attivazione di un processo di valorizzazione economica del patrimonio culturale” dice.