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  •  03/03/2022
Laura Gigliotti

All’approssimarsi del centenario della nascita, a Bologna il 5 marzo del 1922, ogni giorno di più s’infittisce il programma di manifestazioni, convegni, mostre, spettacoli, pubblicazioni che celebrano Pier  Paolo Pasolini, cercando di analizzare e mettere in risalto tutti gli aspetti del suo multiforme ingegno. Personaggio controverso nel panorama culturale del dopoguerra, eclettico, di profonda cultura e grande sensibilità, poeta, romanziere, drammaturgo, regista,  traduttore di testi classici, autore di manifesti teorici, ha posato il suo sguardo su ogni aspetto dell’umano sentire, riuscendo a cogliere gli aspetti più significativi della società in  profondo cambiamento. Un intellettuale scomodo, cattolico, comunista, omosessuale. Un personaggio contraddittorio, provocatorio, capace di suscitare ammirazione e disprezzo, odio ed amore insieme. La reazione a certi eccessi da parte di chi non condivideva le sue prese di posizione era molto frequente in vita, ma è andata via via scemando dopo la sua scomparsa.  Quasi che ad alimentarla fossero polemiche di corto respiro, contrasti ideologici collegati all’attualità, al presente. Col passare  degli anni, soprattutto dopo la sua  morte il  2 novembre del 1975 all’Idroscalo di Ostia  per mano di  Giuseppe “Pino” Pelosi, la figura dell’intellettuale impegnato, di parte, è via via sfumata, per emergere quella dello scrittore  che viveva al centro della  società del suo tempo. Un’umanità che era in grado di analizzare, sviscerare senza ipocrisia dal di dentro, in tutte le sue sfaccettature. Un’analisi spietata della collettività italiana, dei suoi mali, delle sue angosce, crudamente messa a nudo  da una mente lucida e priva di pregiudizi. Perbenismo, conformismo, consumismo, mode, perdita della memoria e della storia. E  tematiche sociali alla base dei grandi scontri culturali di quegli anni turbolenti, come l’aborto e il divorzio vengono affrontate da  Pasolini in scritti controcorrente che denotano assoluta libertà morale, provocando levate di scudi da chi è ossessionato dal pensiero unico. 

 E’ il caso della cosiddetta battaglia di Valle Giulia che il 1°marzo del 1968  vide su fronti opposti gli studenti di architettura che volevano rioccupare la Facoltà e le forze dell’ordine incaricate di impedirlo. Pasolini non esita a schierarsi dalla parte dei poliziotti, sono loro i veri proletari, gli studenti sono i borghesi, i figli di papà.   

E ‘ il più noto di una serie di scritti che documentano l’attenzione con cui lo scrittore osserva la società, i suoi problemi, il suo lento disgregarsi, cambiando pelle e identità. Sono osservazioni, considerazioni, esortazioni, auspici che s’innestano su una società che rischiava di perdere se stessa nell’omologazione generale. Pasolini  lo fa attraverso un mezzo come la carta stampata che in quegli anni manteneva ancora tutta la sua forza dirompente. Ad accogliere i suoi pezzi sono pubblicazioni come “ Il mondo”, “Tempo illustrato”, “Nuova Generazione”, “Paese Sera”. E   il “Corriere della Sera”, il giornale più importate d’Italia, l’espressione della borghesia illuminata che si onora di dare spazio  in prima pagina alla voce autorevole di un intellettuale non omologato, né omologabile. A volerlo era stato il direttore Piero Ottone con cui Pasolini ebbe scambi piuttosto  vivaci. Un messaggio che trova nel giornale la sponda più immediata e puntuale, in anni in cui la carta stampata manteneva tutto il suo ascendente sul fedele lettore. Un appuntamento da non perdere che richiama lettori di ogni età e idea politica, anche grazie a titoli allusivi, a effetto. Come quello uscito il primo febbraio del 1975. S’intitolava: “Il vuoto del potere” ovvero “l’articolo delle lucciole”. Decretava la scomparsa delle lucciole nei primi anni sessanta a causa dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua. 

Frutto dell’ impegno degli ultimi anni, sono gli  articoli che escono regolarmente nel ’73, ’74 e ’75  sul Corriere della Sera e su altre testate, raccolti in volume dall’editore Aldo Garzanti col titolo “Scritti Corsari”. Il libro uscì  postumo nel novembre 1975, ma lo scrittore aveva avuto il tempo di revisionare le bozze.



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