Arriva al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi una donazione di 107 opere da parte di Carlo Pineider, collezionista ed erede della famiglia che lanciò il marchio fiorentino di pelletteria. I fogli donati, prevalentemente schizzi o bozze preparatorie, sono databili tra gli inizi del Cinquecento e la fine del Settecento e sono stati riuniti nell’arco di 40 anni.
La donazione, una delle più importanti arrivate agli Uffizi nell’ultimo secolo, è composta principalmente da 82 disegni di artisti toscani, veneti, emiliani e romani; 25, invece, sono i disegni in acqueforti da aggiungere al conto, realizzati da un autore: Simone Cantarini (1612 - 1648), che è stato allievo di Guido Reni.
Questa donazione arriva dal desiderio di salvare queste opere d’arti, «sottraendole – ha dichiarato Pineider – all’incerta sorte di un mercato che non si fa scrupolo di disperdere le nostre ricchezze culturali […]».
Infatti, le opere non sono state realizzate tutte da artisti conosciuti, ma ce ne sono alcune realizzate da artisti non altrettanto famosi, che sono quelli più ricercati dagli intenditori. Sta di fatto che il nucleo principale della donazione è rappresentato dalle opere degli autori fiorenti del ‘600.
Tra questi troviamo il Volterrano, alias di Baldassarre Franceschini (1611 - 1690), presente nella collezione Pineider con 6 fogli: studio per la figura di San Giovanni Battista, studio per una Sibilla, studio per il santo Stefano protomartire e il foglio con il Martirio delle Sante Attinia e Greciniana.
Troviamo poi Marcantonio Bassetti (1586-1630), di origine veneta, con l’Adorazione dei magi, un lavoro di prova giovanile derivata dalla pala di Federico Zuccari in San Francesco della Vigna a Venezia. E ancora Giuseppe Maria Mitelli (1634-1718) con la Scena allegorica a sanguigna.
Tra gli artisti meno conosciuti abbiamo Francesco Zamolo (morto nel 1741) che è presente nella donazione con un foglio firmato, cosa assai rara; il Fiamminghino, ovvero Giovani Mauro della Rovere (1575 circa - 1640); Giuseppe Marchesi (1699 - 1771) e Giovanni Carboncino (1638 circa - 1703).
«In questi tempi duri, - ha affermato Eike Schmidt, direttore degli Uffizi - nei quali l'Italia sta orgogliosamente combattendo il nemico microbiologico (ndr. riferimento al Coronavirus), la generosità di questo dono, destinato a tutto il popolo italiano, assume un valore particolare, come esempio dell'altruismo e dello spirito di sacrificio cui tutti noi siamo chiamati per proteggere la collettività».